nu. 34 anno quarto¬ 1 gennaio 2007 mensile online gratuito
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A tutto TAVOR: Cinema…”che passione”


Vuoi mettere i vecchi cinemini ricavati al piano terra di certi palazzoni in centro città?

A cura di Luccia Danesin

Anche quelli di periferia avevano un’unica sala magari con un soppalco che era sempre ambito perché, a differenza della sala giù, lo schermo ti stava dritto-dritto davanti e non dovevi dinoccolarti il collo per seguire il film. Ora nei nuovi cinema ci sono sale piccole medie e grandi, (si chiamano infatti multisale), a seconda dei tipi di proiezioni, a seconda del genere di film: epico, thriller, d’essai. Già all’entrata di questi megacomplessi sei come in aeroporto: fare il biglietto è come fare il check-in, occorre capire subito dove mettersi in fila, poi studiare il tableau con gli orari e le sale di destinazione. E, mentre ti arriva alle narici il profumo fragrante dei pop-corn caldi appena sbocciati, delle ciambelline appena sfornate, non devi farti sviare, ma prestare la giusta attenzione se vuoi imboccare, fra le scale che scendono e quelle che salgono, quella giusta che è solo la B e che attraverso il corridoio B2 ti farà approdare alla Sala F del seminterrato.

mgm logoOramai è tendenza (lo dico all’italiana) che il neo architetto sia un tipo essenziale che ami però, come è appunto di moda, le contaminazioni. Tutto il complesso viene allora giocato fra grezzo cemento, pareti in nero antracite, griglie di ferro a far da soffitto, e tubi d’acciaio, tiranti e sfiati copiati al Beaubourg. Ma quando si entra dentro la sala più grande: che meraviglia! Che schermo gigante: un doppio magnifico Cinemascope. E le ampie poltrone con poggiatesta tutte imbottite: appena seduti ci fanno uscire un sospiro d’attesa: irraggiungibili per almeno due ore, mille immagini per una storia che ancora non sai, un sogno come solo il cinema può dare, tutto nuovo e tutto ad occhi aperti. La sala lentamente si spegne. Subito sobbalzi: partono violenti e assordanti la musica e il parlato della prima inevitabile pubblicità. Tre minuti e ne arriva una seconda ancora più pressante e aggressiva. Pazienza così fino alla quinta. Il film inizia finalmente. Scene d’interno. Nel silenzio, stacchi brevi sugli sguardi, l’atmosfera configura da subito una tensione fra i due protagonisti ( l’attrice inglese ha vinto un premio davvero prestigioso per questa interpretazione); via-via il dialogo va in crescendo, diventa carico, intenso di implicazioni: percepisci che c’è un segreto, ora è evidente. Vai ad immaginare…poi ti lasci portare… Mi si siede accanto - un poco di soppiatto - una giovane coppia; lui in una mano ha un coca-cola che nel silenzio frizza-frizza bollicine, sull’altra - come la compagna - un enorme barattolone di profumati e croccanti pop-corn. E’ proprio un piacere. Un piacere dei sensi seguire nel buio le scene salienti del film con in sottofondo i vari maneggi, le masticature, i sorseggi dei due e.. pardon!… l’incipit di un salutare ruttino. Anche se – non c’è che dire- tutto fatto con la dovuta buona educazione: questi non sono di quei ragazzotti che sbagliano sala, questi sanno che è un film d‘atmosfere, senza rumorosi effetti speciali, e perciò gentilmente… masticano piano… Il cibo purtroppo negli ultimi anni, ci accompagna dovunque. E’ diventato il ciucciotto che abbiamo lasciato soltanto da poco perché “ormai siamo grandi”.

 

 

A cura di Luccia Danesin

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