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Nu. 39, IV - 1 giugno 2007 -mensile telematico sul Veneto e Triveneto e cosa fanno i veneti dentro e fuori d'Italia

Editoriale n.39: Palazzo Grassi... Sequence 1


Dal 5 maggio all'11 novembre a Venezia, per informazioni: www.palazzograssi.it

A cura di Federico De Nardi

Il 5 maggio, si è inaugurata a Palazzo Grassi 'Sequence 1', una mostra di pittura e scultura facente parte della magnifica collezione di François Pinault. Si potrà visitarla, fino all 11 novembre di quest'anno (2007). In questa esposizione, François Pinault presenta opere d'arte che appunto già gli appartengono e altre che ha fatto fare per l'occasione, rendendoci partecipi della sua passione per l'arte contemporanea.

Per esempio citiamo le opere di Martial Raysse, realizzate negli anni Sessanta. (Le miroir 1961, Seventeen,(Titre journalistique) 1962, Made in Japan 1963, Portrait of an Ancient Friend 1963, Sur 3 roses 1963, Nu jaune et calme 1963, Conversation printanière 1964, Surface verte en forme de visage comme sa vue l'indique 1965, Sans titre 1965, Noon Mediterranee Landscape 1966, 4 pas dan le nuages 1966)

Martial RaysseMartial Raysse è un artista senza tempo, ha anticipato l'opera dei 'colleghi' del pop americano, realizzando quadri innovativi e assemblages scultorei ispirati alla pubblicità e agli oggetti di consumo e, visto la monopolistica certezza che la Pop Art sia tutta dovuta ad Andy Wharol, (che poi americano non era neppure lui) grazie a Raysse vediamo riportato, per così dire, in Europa, il primato artistico anche di quegli anni, e di una corrente importantissima dell'arte. Questo, non può che far piacere e aumentare le nostre conoscenze.

Palazzo Grassi espone le opere 'più antiche' di Raysse, così le definisce Alison M. Gingeras,Alison Gingeras, Commissaire de la Collection François Pinault la curatrice di questa mostra (nella foto qui affianco), comprendente sedici artisti, di tutte le età. Le opere di Raysse, hanno la stessa età e addirittura sono più vecchie di certuni artisti di questa esposizione: nominiamo, Kirsten Baker, data di nascita 1975, Roberto Cuoghi, l'unico italiano presente come artista, è invece del 1973. La giovinezza di Kirsten si vede nella sua Flying Curve, Differential Manifold (2007) una rappresentazione di... gare automobilistiche, molto interessante, anche se spesso, vedendo tali opere, senza togliere importanza alla bellezza e alla freschezza straordinaria delle stesse, mi chiedo quanto sia importante il nome dato alle opere, il titolo insomma è il codice, che individua e colloca nella nostra interpretazione... le opere, anche se non sempre è così... siamo anche liberi di fantasticare!

Un'altra opera di un artista totale, è Jet set Lady, di Urs Fischer, svizzero, nato nel 1975 ma residente a New York (ci sono in esposizioni altre sue otto opere). Questa opera di Fischer, a detta della curatrice è una delle opere più ambiziose, viene definita "bellissima e orribile, gigantesca e intima".
Fischer ci ha messo cinque anni per realizzarla, (2000-2005) e rappresenta il suo itinerario spirituale sotto forma di albero, un albero gigantesco, un tronco di metallo saldato alto undici metri, che sostiene innumerevoli 'rami' metallici a loro volta, da cui pendono in dedalo labirintitico di visioni, più di duemila riproduzioni di disegni, stampe e dipinti realizzati da Urs Fischer nei cinque anni di creazione.
È un'opera d'arte fatta di accumulo, in genere gli artisti tendono a sottrarre, scolpire dà l'idea di tirare via, anche se certo quella di Fischer è una 'scultura' in senso molto lato, ma certo è imponente e grandiosa come una scultura, arditamente, michelangiolesca. C'è da chiedersi, con un pizzico di ironia, dove la tenga François Pinault quando essa non è esposta! Purtuttavia, l'albero di Fischer crea un'atomosfera da 'bosco' dell'arte, e questa, posta nell'atrio sembra quasi introduca a un mondo straordinario, in cui non è possibile addentrarsi giudicando con i termini e i mezzi logici che usiamo nella vita di tutti i giorni. Ma ciò non toglie il fatto, che queste opere rappresentino il nostro tempo, con un agghiacciante, preciso, chirurgico autoritratto che ci riguarda tutti, amatori e odiatori dell'arte contemporanea.
Le opere presenti nelle sale, conservano la suggestione dell'albero di Fischer, racchiudendo in sè un'intelligenza ulteriore, premonitrice, a volte comoda, come i divani di Franz West, a volte amichevole, a volte sorprendente, a volte ricordano qualcosa che appartiene a tutti, ma che non sempre tutti riescono a definire e ad accettare. Davanti a due di queste opere, mi sono sentito un mortale di fronte all'inafferrabilità del momento della propria morte, che cos'è se non la rappresentazione di quest'attimo e della sua assenza, la stanza di Mike Kelley, o la sua incomprensibiltà, quanto quotidianità, rappresentata dalla bicicletta di David Hammons "Central park" infilzata da un palo della segnaletica stradale? Senza nulla ovviamente togliere ai titoli sulle targhette.

François Pinault, dona a Venezia, abituata al Tintoretto e al Tiepolo e a tutti gli altri pittori della tradizione più o meno paesagistica, una visione incredibilmente contemporanea, ma nello stesso tempo documentaria del mondo che ci circonda e dell'arte del nostro tempo, che vuole andare al di là dell'arte stessa come viene sempre intesa e fruita dai più, ovvero dal rappresentabile in quanto reale (paesaggi, figure antropomorfiche) e dai ritratti dei pittori specializzati in 'fotografie' dei membri della famiglia fino alla fine dell'ottocento, passiamo alla gamba con candela di Robert Gober,(intitolata Untitled, 1991) che cos'è la gamba perfettamente riprodotta in cera d'api con peli umani, con - scarpa dalla suola usata-calzino-gamba del pantalone e tocco geniale, una candela da accendere, se non la visione, la reinterpretazione universale e generalizzata di quei ritratti di famiglia dell'Ottocento, che ancora oggi ci guardano da lugubri sale di museo?Con la differenza che la gamba di Gober è la nostra gamba, è la gamba di ogni uomo, (si spera non di una donna, visto i veri peli applicati a mano sulla cera!), è il ritratto dell'umanità che ha spento la candela della propria intelligenza, e tutto ciò che rimane è una gamba?
hangry GodÈ la mia idea, certo, la mia fantasticheria per dimostrare cosa può essere l'arte contemporanea e che forse dovrebbe sempre essere l'arte, lo specchio dell'umanità, di tutta l'umanità fotografata in una determinata epoca. Ma forse questo vuole insegnarci l'arte contemporanea, che siamo liberi di capire e ragionare con la nostra testa davanti a ciò che vediamo, senza più regole fisse, senza più codici prefissati da qualcuno che magari è morto mille anni fa, e l'artista è un dio che crea storie come uno scrittore di gialli, in cui però il lettore è libero di decidere la soluzione e il titolo è intercambiabile.
Gober ha in un'altra sala di Palazzo Grassi una seconda opera ...è sbagliato dirla semplicemente iperealistica ed escatologica? Nella semioscurità, una lampadina rossa accesa, sopra una porta, ai lati della porta due fasci di vecchi giornali. Sembrerebbe una scena vista migliaia di volte, forse è un errore, hanno imbiancato una sala del Palazzo e i pittori si sono dimenticati di portare via le loro cose? Non è così, nulla è come appare, Gober ha ricreato tutto, con le sue mani. La lampadina non è una vera lampadina, l'ha fatta lui, la porta anche, i giornali non sono 'veri vecchi giornali usati', li ha riprodotti lui con 'articoli' da lui scritti con caratteri di stampa.
Quest'opera di Gober, (Door with lightbulb) a me ricorda la Creazione. La porta chiusa con la luce sopra dietro cui si nasconde Dio, l'aldilà, l'artista supremo della creazione che ci lascia tracce indizi senza sospetto, oggetti quotidiani che abbiamo sotto gli occhi tutti i giorni. Alla mostra come nella vita, non ci hanno ancora lasciato aprire quella porta, non ci hanno fatto vedere cosa c'è di là, possiamo solo accontentarci dei giornali che sembrano veri, della lampadina, della porta finta, oppure vera, nessuno lo sa. Un'opera apparentemente qualunque, quotidiana, quella di Gober, ma con un significato fatto di importanti e possibili interpretazioni. François Pinault, président de Palazzo Grassi, avec Jean-Jacques Aillagon, directeur,  en face de Palazzo GrassiRobert Gober è americano, lavora a New York, ed è nato nel 1954.

Un Dio c'è nella mostra, forse quello che ci dovrebbe essere dietro la porta chiusa di Gober, ma per dirci come viene considerato oggi il divino, questo dio è fuori di Palazzo Grassi, galleggia nel canale, come una barca, come un gabbiano. È la scultura di Subodh Gupta. Artista di Nuova Delhi, nato nel 1964. Anche lui dà l'ìmpressione di accumulare cose, il suo Dio è da vedere, non occorre neppure comprare il biglietto per questo, perché è nel Canal Grande, come ogni vero Dio che si rispetti è gratis, è a disposizione di tutti.

Non c'è che dire, ci siamo goduti questa mostra che prosegue con gli altri artisti all'interno di Palazzo Grassi, (gli altri artisti, sono Roberto Cuoghi con la sua Asse del male, Louise Lawler, Laura Owens, Richard Prince, Anselm Reyle, Tamuna Sirbiladze, Rudolf Stingel, Franz West...) un grazie va a François Pinault e a tutta la sua squadra, come avevamo già detto, Napoleone ha tolto a Venezia molte cose, un altro francese, non più dio della guerra, ma dell'arte, ha ridato a Venezia la sua anima più bella, quella dell'arte, dell'arte viva, per dare a Venezia un nuovo, possibile indizio di vita.

A cura di Federico De Nardi

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