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Nu. 38, V - 2 maggio 2007 -mensile telematico sul Veneto e Triveneto e cosa fanno i veneti dentro e fuori d'Italia

a tutto Tavor:“malapasqua”


Pasqua, una festività simbolicamente importante, un giorno in cui sostare nel desiderio di rinascita interiore, di pace con se stessi e il mondo.

di Luccia Danesin

foto di Luccia DanesinPer trovare nel rito questa intima risonanza, ogni anno – è quasi tradizione - tre amiche vanno alla messa grande in un’antica abbazia benedettina nei pressi di Padova. I frati lì sono stanziali e per la cerimonia partecipano tutti, giovani e vecchi, una trentina. Un campanellino ed entrano in coppie, senza rumore, la testa abbassata in modo abituale. Infatti, fuorché i novizi, son tutti ormai un po’ curvi di “complessione” (direbbe mia mamma). Poi ognuno va al proprio scranno di legno intarsiato; tutti gli scranni fanno così in semicerchio un abbraccio all’altare del sacro banchetto. Pochi gli orpelli, i paramenti. I fiori composti sono tutti intonati.
L’aria lentamente si addolcisce di quell’incenso che ora fanno ancora più speziato. Dagli alti rosoni lungi fasci di luce si animano di spire e volute azzurrognole, di profumi. La chiesa è ormai colma di gente attenta e silenziosa. Dal fondo, dall’oscurità, ecco: dapprima in modulazione breve, poi cresce e si espande, intenso, limpido, il loro canto gregoriano.
All’inizio una sola voce chiara, in una scala musicale con cinque toni e due semitoni. Il Paradiso - ho sempre pensato - è annusare una gardenia ascoltando un canto gregoriano.

Momenti per “essere”, per conciliarci al tutto. Cercare almeno.
Ma... ma il religioso silenzio non è per tutti.

Dal fondo della chiesa, gioiose e giovani grida, libere corsette e saltibiralti tra i banchi: due fratellini uno più paffuto dell’altro, fan nascondino. E ridono, ridono…
Il canto e l’incanto si perde, riprende, vorremmo inseguirlo ma, come si fa…
Il tormento è durato per l’intera messa…hanno sempre giocato e corso e gridato.
Credete: due ore sofferte di rumori molesti, risatine acute coprivano le parole, confondevano i canti. Spezzavano il filo di ogni pensiero diverso. L’essenza di quella giornata pasquale cercata nel clima dell’antica abbazia era purtroppo tutta sfumata.
All’offertorio il maschietto piangeva. Eravamo tutti seccati, tanti si erano girati più e più volte, lo sguardo crucciato ma – (quasi duecento persone) sono comunque rimaste composte da beneducate. Nel rito dell’Eucarestia volevo anch’io essere un’invitata – ma il cuore è ormai impuro – così mi dirigo in fondo alla chiesa per rendermi conto, vedere chi sono i “bravi” tutori di quei ragazzini. Eccoli lì: il sorriso beato ai loro due pupi che ancora ci davano dentro saltando a pie’ pari, entrando e uscendo da una cappella.
Ma, mi chiedo, dagli ultimi banchi e durante tutta la messa qualcuno si era lagnato con quei genitori? Sembra di no, perché quando mi sono portata alla loro presenza, si sono guardati, poi – attoniti e sgranando gli occhioni innocenti - mi han detto : “..ma.. ma.. sono bambini!”– “Loro sì!” ho risposto piccata. “E se alla festa volete portarli a messa, in ogni parrocchia c’è la messa del fanciullo, fatta apposta per loro. Maleducati!”
Un poco sbollentata me ne sono tornata al banco ricevendo lo sguardo solidale di chi s’era accorto della sortita, e delle due amiche anch’esse sfinite.
Al termine della funzione, sentendo gli altri uscire borbottando, ci siamo fermate ad accendere tre candeline per riconciliare il cuore.., pensando così fosse tutto finito. No, che fuori, dall’alto della gradinata, vedo giù in fondo –lì che mi aspetta - il papà modello tronfio e impettito, pronto per dirmi (credendomi sola) quanto poco cristiana, quanto poco materna io sia non lasciando che i pargoli vadano a Gesù.
Tre donne scendono decise la lunga scalinata: è bastato il loro sguardo… se n’è andato zittito. Ed era Pasqua, Pasqua di pace, di resurrezione.

Brevissima nota/

E’ un malcostume pensare che la Messa non abbia bisogno di concentrazione, silenzio, buona educazione. Il rito è partecipativo non mero momento passivo.E’ malcostume che ciascuno possa entrare, uscire, rumoreggiare a suo piacimento; così come portare i bambini troppo piccoli lasciandoli poi correre e circolare liberamente maleintendendo - fraintendendo in modo semplicistico - il famoso brano della buona novella:” lasciate che i pargoli vengano a me”. (…Nelle iconografie Gesù, quando lo disse, era seduto sotto un albero in un bel prato verde...)

 

A cura di Abcveneto
 

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