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Nu. 38, V - 2 maggio 2007 -mensile telematico sul Veneto e Triveneto e cosa fanno i veneti dentro e fuori d'Italia

Vestiti, vestiti, vestiti.


Un caso di cronaca nera

Di Federico De Nardi

Ho appena finito di leggere dell'ultimo caso di cronaca nera: " due rumene uccidono con l'ombrello...". Una di queste, ha confessato di essere in Italia da un paio di mesi, di guadagnare 250 euro a notte e spendere tutto in vestiti. Possibile? Penso di aver letto male. Ma no, rileggo: "...appena nella casa di accoglienza, ha chiesto di riavere indietro i suoi abiti griffati...".

Riflessione: ma è questo che vuole una ragazza/o di vent'anni? Che sia rumena o italiana o cinese, la nazionalità centra poco.

Possibile che tutto ciò che vuole una/uno a vent'anni siano i soldi per comprarsi dei vestiti di marca o l'automobile? Perché non si permettono sogni migliori? Forse è colpa delle Rivoluzioni che hanno fallito? (Ma quelle non vendevano i vestiti...)

Certo lavorare in fabbrica, sottopagati, come sembra facesse costei non è una prospettiva esaltante, ma ancora meno lo è vendere il proprio corpo per comprare... vestiti.

Capisco volesse riscattare la propria libertà, (ma oggi a nessuno interessa più questa parola?) ma invece è proprio così: vestiti. Lo faceva per dei vestiti, belli quanto si vuole, ma alla fine si tratta di stracci che finiscono a pulire i mobili.

Non so che dire.

Spesso noi compatiamo le passeggiatrici e altre categorie di lavoratori in cui la dignità umana è preda del degrado più spaventoso; spesso, pensiamo che queste 'signore', siano rese schiave da orribili individui che le picchiano e le violentano, ma a volte, come in questo caso, non è così: non si prostituivano per pagare la propria libertà, ma per degli stracci firmati. Tutto ciò è squallido e spietato, non mi viene in mente nessuna altra parola per definire una situazione simile.

Mi piacerebbe che queste persone avessero sogni più belli e magari un'anima. Chi ha sogni degni di questo nome, ha ancora una possibilità di salvezza, di purezza.

Gli oggetti non devono essere il fine del nostro agire, ma un semplice mezzo. Non dobbiamo farci usare da essi, ma usarli e basta e se non li abbiamo, tanto meglio, vuol dire che non ci servono.

 

Di Federico De Nardi

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