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Nu. 38, V - 2 maggio 2007 -mensile telematico sul Veneto e Triveneto e cosa fanno i veneti dentro e fuori d'Italia

L'enciclopedia dell'anima russa è il compendio dell'anima dell'uomo?


Lunedì 12 febbraio 2007 presso il “Telecom Italia Future Centre” in Campo San Salvador, lo scrittore russo Viktor Erofeev era a Venezia per presentare il suo ultimo libro: L'enciclopedia dell'anima russa, pubblicato dalla casa editrice Spirali. Alla presentazione, gli abbiamo chiesto (grazie alla mediazione linguistica di Elena Corti) come è stato accolto questa sua ultima opera in Russia, presentando infatti il libroin questione, dei contenuti molto forti e critici nei confronti del proprio paese e dei russi stessi. Lui ci ha detto che ha suscitato parecchio scandalo, per non dire altro.

A cura di Federico De Nardi

Erofeev per SpiraliIl libro di Erofeev, colpisce certamente per lo stile e i contenuti crudi: non è un libro da consigliare a chi legge solo romanzi d'intrattenimento in cui la conclusione e la narrazione sono certi e la soddisfazione scontata. L'opera di Erofeev richiede impegno, pazienza di arrivare fino alla fine, senza fretta, senza attese estetiche o particolari rivelazioni. Non ha infatti una trama vera e propria, è invece narrato attraverso piccoli quadri, intuizioni che a volte strappano una risata altre volte indulgono alla polemica, il più delle volte fanno pensare cose strane, come questa che sto per dire: avanzando con la lettura, mi è venuto in mente uno strano paragone, con un altro libro, non di uno scrittore, ma di una giornalista: Anna Politkovskaja.
Ma in che senso? Nel senso che il libro di Erofeev narra le stesse cose, gli stessi fatti di cui scrive Anna Politkovskaja, sulla Cecenia e sulla Russia stessa (la giornalista è stata uccisa, non si sa da chi, il 7 ottobre 2006) con la differenza, che lei racconta i corpi dei russi, i fatti nudi e crudi della cronaca e li denuncia senza nessuna paura, invece Erofeev da scrittore puro, da artista affermato, fa un ritratto dell'anima di questi fatti, senza offrire legami tangibili, ne offre l'essenza, le contraddizioni, la pazzia senza morale, senza educazione, senza speranza e senza redenzione.
Leggendoli entrambi, si ha un ritratto a due facce (e due risposte) di un paese che spesso consideriamo solo per il caviale, le belle donne, la vodka, la democrazia a metà, le forniture energetiche e un passato che pesa come un macigno per come si sono conclusi cinquant'anni di Unione Sovietica.

Le due risposte, per il sottoscritto sono queste: il ritratto che ne esce della Russia non è lusinghiero, ma offre una speranza, perché alla fine la somma delle parti ci dimostra che l'anima russa e i corpi dei russi, senza sconti, senza ipocrisie, denudati, a questo punto diventano l'anima e il corpo dell'uomo di tutte le latitudini, di tutti i continenti. Una speranza amara che ci accomuna, dunque? Viene lasciato il beneficio del dubbio.
Se esistono persone come Erofeev e come Anna Politkovskaja (è ancora presente con noi grazie ai suoi libri) e gli editori che li pubblicano, forse l'uomo ha qualche speranza di farcela? Forse la lezione è stata ascoltata e a qualcuno servirà?

La seconda risposta, completamente diversa dalla prima è che il libro di Erofeev è un bollitore, un termometro, una freccia infuocata lanciata verso un bersaglio sepolto nella notte, un crogiolo di braci ardenti che dimostra, malgrado ciò che è scritto, ma come sensazione finale, quanto sia vitale l'anima russa anche nel male, perchè Erofeev ha il coraggio di mettersi in discussione, di buttare alle spalle un passato dove un giorno è durato cinquant'anni ma il calore delle braci che ne sprigiona è ancora così ardente che dimostra quanto sia vitale questo paese, perché lo sono i suoi scrittori: quanti Erofeev e Politkovskaia ci sono nel mondo cosidetto libero? dovremo chiederci questo prima di giudicare la Russia.
Se un un paese come la Russia ha degli anticorpi simili, possiamo stare tranquilli per l'anima russa e per l'anima di tutti gli uomini e scaldarci con le pagine di questi libri, oltre che con il gas che scalda le nostre case, non dimenticando, però che criticare un paese scrivendoci sopra un libro, ci deve aiutare a capire il nostro, di paese.

Viktor Erofeev: autore di romanzi e racconti, critico letterario e giornalista molto apprezzato sia in patria che all'estero, Erofeev raggiunse il successo internazionale nel 1990 grazie al romanzo La bella di Mosca, tradotto in tutto il mondo, dopo aver subito per anni la censura del regime. Personalità autorevole e discussa della letteratura russa contemporanea, è noto per il suo impegno civile a favore dei letterati (è stato protagonista di una clamorosa lettera di protesta a Putin contro le persecuzioni subite dagli scrittori russi) ma anche per certe sue pungenti provocazioni verso il sistema della produzione culturale. In un momento in cui l'ex Unione sovietica -in bilico tra restaurazione e sviluppo, autoritarismo e libertà- si ritrova al centro di varie importanti questioni, dall'influenza internazionale esterna al riassesto degli equilibri interni, Erofeev è interlocutore di sicuro interesse per capire cosa stia succedendo nel paese.
«Se si guardano attentamente le fotografie delle sofferenze russe, ci si rende conto da quale oscurità stia uscendo il mio Paese. Sembra un invalido. A mala pena si regge in piedi. Non somiglia agli altri Paesi: dai suoi forni giunge ancora l'odore del pane nero. È facile scagliargli contro le pietre, e molti lo fanno. Queste pietre gli daranno il colpo di grazia, o lo trasformeranno nuovamente nell'Impero del pane nero. Ma né la decomposizione della Russia, né il suo ostracismo, potranno aiutare il mondo a risolvere i suoi problemi».

La descrizione sociale e l'indagine intorno all'essenza stessa del suo popolo sono i temi attorno a cui ruota l'opera dell'autore, che ha maturato nel tempo uno stile personale e crudo, ripreso dal linguaggio corrente anche tramite espressioni da strada, così da poter esprimere al meglio possibile le peculiarità dell'identità russa. Erofeev fornisce una sua particolare interpretazione della situazione, sempre sospesa tra realtà concreta e finzione letteraria; come dice egli stesso: «Si può dire che io vendo l'Oriente all'Occidente e l'Occidente all'Oriente. Con gli occhi dell'occidentale vedo la monotona contemplazione dell'Oriente, mi spaventa la sua doppiezza e la sua misteriosità. Con gli occhi dell'orientale scorgo la consunzione metafisica dell'Occidente, mi fa ridere il suo attivismo pimpante, mi spaventa l'aspetto relativistico della scelta».

Per info:
SPIRALI Edizioni Corso Vittorio Emanuele, 38 33170 Pordenone Tel: 0434 - 520000 Fax: 0434 – 248531 E-mail: press.pn@spirali.com

 

A cura di Federico De Nardi
 

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