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Nu. 36, IV - 1 marzo 2007 -mensile telematico sul Veneto e Triveneto e cosa fanno i veneti dentro e fuori d'Italia

Mi sono innamorato di Treviso e del Sile: un doppio amore a prima vista.


Mi sono innamorato di Treviso e del Sile: un doppio amore a prima vista. Sono arrivato al «Giardino di Venezia» quasi due anni fa - giugno 2005 - per iniziare una mia ricerca sul dialetto: sui tentativi degli scrittori ed esperti del posto per preservare e trasmettere, tramite l'uso del dialetto, le conoscenze della loro cultura.

Di Ryan Gogol

Sono venuto in Italia per l'amore e lo studio del dialetto e della lingua italiana, e, li ho trovati incrociati in base alla cultura, al paesaggio, alle numerosissime tradizioni e storie provenienti dal territorio, da città acqua e campagna. Il Sile, linfa vitale della zona, mi ha smarrito per la curiosità insaziabile, mi ha spinto a voler mettere in evidenza la mia amata Treviso. L'umidità estiva alleviata dal corrente di ogni canale, alcuni agitati da vecchi mulini, come quello di San Francesco, alcuni lenti e tortuosi. Poi il fiume è diventato per me parte integrante dell'architettura attorno, e simbolo di cultura: basta pensare al "Circolo Amissi della Poesia" e il loro mensile in italiano e in dialetto, El SIL.

Così ho imparato sentire l'essenza della linfa, dell'acqua come insegna Zanzotto. Sono qui da settembre 2006, per un anno di studio. Vivendo fra Treviso e a Venezia, ho imparato dai veneti certe cose dantesche e eterne del loro paesaggio: l'arte di percepirlo e sentirlo dal profondo del cuore, senza dir niente. Una poesia interna.
Appena fuori delle mura del quartiere universitario di Treviso c'è un sentiero lungo il Sile che porta, o meglio dire, portava, fino a Jesolo. Ma saperlo è diverso dal farlo, per esempio in bici, come mi ha insegnato un amico e giornalista che scrive per questo giornale.

Il fiume dapprima è un vortice di negozi, di famiglie e gente che compra, di fumatori, passanti e innamorati sopra le mura e in auto. Superata la nuova Università e il castello dei Romano, si imbocca via Tasso e superato il sovrappasso ferroviario che va a Conegliano si sbuca in un viotolo che costeggia il Sile e che dopo un po' diventa un sentiero, una campagna, improvvisa, con passaggi sospesi e barche affondate. Una strada bianca che sembra senza fine, una passerella di legno illuminati dall'acqua e dalla luna siamo andati fino a Casier. Una sera che resterà sempre lieta eppure inquietante nell'anima. Un corridore solitario. La luce della canna che fumavano dei giovani sulla passerella, sopra il cimitero dei burci. Il fresco del fiume. Una sera che porterò con me in America. Non ho ancora la competenza di scrittore per esprimermi giustamente. Allora vi lascio questa poesia - paradigma della vostra cultura contemporanea -.

Fiume all'alba
acqua infeconda tenebrosa e lieve
non rapirmi la vista
non le cose che temo
e per cui vivo

Acqua inconsistente acqua incompiuta
che odori di larva e trapassi
che odori di menta e già t'ignoro
acqua lucciola inquieta ai miei piedi

da digitate logge
da fiori troppo amati ti disancori
t'inclini e voli
oltre il Montello e il caro acerbo volto
perch'io dispero della primavera.

Tratta da Vocativo di Andrea Zanzotto.

Di Ryan Gogol 

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