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IV anno,  2007
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XXIII edizione del premio Hemingway 2007: Memorie

Di Sara Miriade

Il coraggio, gli animali e la natura, la famiglia, gli intellettuali, l’esplorazione e la medicina: questi sono i temi che si sono imposti sulla XXIII edizione del premio Hemingway 2007. A mano a mano che i due riconfermati giornalisti, Anna Bigotto di Mediaset e Giovanni Anversa della Rai, nella veste di presentatori ce li annunciavano sul palco del suggestivo fronte-mare Kursal di Lignano, si coglieva un legame che tesseva tra di loro tematiche tanto diverse: la memoria, quale porta d’ingresso nella casa del presente. Ma come fare quando la memoria è plurima, oppositoria, dolorosa, divisoria e turbolenta? I fatti, sedimentati nella lunga notte del tempo, perdono l’impeto del presente e la ragione ragiona senza l’offuscamento dell’emozione, ma con lo stesso fervore e la stessa passione. E così in quel pomeriggio dolcemente assolato queste memorie così antitetiche si sono confrontate senza scontrarsi o quando è avvenuto l’ironia ha preso il sopravvento. Giuseppe Sottile, premiato per il giornalismo della carta stampata, siciliano ora condirettore de “Il Foglio”, evoca il coraggio degli anni Settanta, quando era l’autore della cronaca nera ne “L’ora” e poi vicedirettore del giornale di Sicilia. Questo coraggio voleva spezzare il conformismo operando nell’ambito di un lessico ‘familiare’ rigoroso, impenetrabile. A questo proposito Giuseppe Sottile ci ha preannunciato il suo prossimo lavoro, ‘I malacarne’, una specie di dizionario per raccontare la mafia. E non dimentica di ricordare Lirio Abbate, suo collega che è minacciato dalla mafia e vive sotto scorta, e altri suoi colleghi del passato il cui coraggio ha scosso le coscienze come Mario Francese e Mauro De Mauro. Licia Colò ha portato sul palco tutta l’irruenza della giovinezza che –io credo-non perderà mai, distinguendo un Hemingway ‘storico’ da uno ‘attuale’. Il primo, quello che si è visto in apertura a questa edizione, era occupato nelle battute di caccia in Africa e naturalmente in forte contrasto con l’impegno di Licia in difesa degli animali; quello ‘attuale’, secondo lei ora avrebbe difeso le sue stesse idee, perché uomo così sensibile da capirle. Del resto come avrebbe potuto Licia, che appena arrivata a Lignano ha preso una bicicletta per visitarla e che ha promesso nella conferenza stampa di apertura di difendere la causa di coloro che a Lignano vogliono mantenere una spiaggia anche per gli animali, tornare nella sua casa fuori Roma con la sua famiglia e i suoi animali? E sul suo sito www. animalieanimali.it qualcuno lo avrebbe sottolineato. Quel premio, insomma, non le avrebbe fatto onore! Doveva modificare, attualizzandola, la memoria del grande narratore americano. Se la Colò è riuscita a scompigliare l’organizzazione del premio il professore Umberto Veronesi ha sentenziato, rivolto verso la Colò, che difendere gli animali è anche vivere senza cibarsi di loro. Non si è sentita la risposta di Licia, forse non è riuscita ad avere la parola, perché inserirsi in un dibattito davanti a un pubblico senza urlare non è mica facile. Il professor Veronesi che ha creato un Istituto Europeo di Oncologia, ha ricevuto il premio per l’Europa e la targa di riconoscimento del Presidente della Repubblica, ha continuato a sfatare la memoria del cancro come male ‘oscuro’, difendendo la prevenzione come via che passa attraverso l’alimentazione. Definendo il cancro come una malattia ambientale che talvolta è anche curabile, ci ha detto di mangiare pochissimo e pochissima carne se non si riesce ad essere vegetariani come lui. Il suo discorso si è ampliato su due tematiche così spinose che riassumerle senza pressappochismo è un gioco acrobatico: le cellule chimera e l’omosessualità. Le prime non hanno motivo di scandalizzare gli scandalizzatori, perché una tal cellula non potrà mai attecchire su un utero umano. Per quanto riguarda la seconda tematica bisogna ricercare la spiegazione nella variazione dei comportamenti delle società contemporanee dove i ruoli tra uomo e donna si sono annacquati comportando delle variazioni biologiche. Mario Calabresi è stato premiato per la narrativa con Spingendo la notte più in là. Storia della mia famiglia e di altre vittime del terrorismo, ma non ha potuto ritirare il premio precedentemente impegnatosi. E’ venuta a ritirare il premio la madre. Una donna che abbiamo visto tante volte in televisione, che molto ha lavorato per costruire una memoria familiare e una pubblica, per giungere alla consapevolezza del perdono cristiano e al dovere del costituirsi parte civile e che non ci ha nascosto la sua commozione e soddisfazione nel vedere i frutti del suo lavoro. Perdonare non è dimenticare, ma chiamare le cose con il nome che hanno senza volere distruggerle o accanirsi contro di esse perché poi questa rabbia e violenza cade su chi la perpetua, aggiungendo dolore al dolore. Lei come donna ci ha raccontato la sua scelta di madre vedova con due bambini a cui ha preferito insegnare il perdono e il dovere civile della costruzione della memoria. Suo figlio Mario, nascondendolo alla madre (o forse disvelandole alla fine tutti i suoi insegnamenti), ha voluto questo libro come libro d’amore verso la sua famiglia e il suo Paese. Nelle biografia di Folco Quilici, premiato speciale Città di Lignano, si intrecciano le memorie del nostro Paese e della storia. Suo padre morì con Italo Balbo nel cielo di Tobruk nel 1940. Folco nel suo folto curriculum ha una monografia, La vera storia di Italo Balbo (2004). Ma ci sono anche ritrovamenti di storie sconosciute di viaggi in luoghi non scontati e tanta riconoscenza nei confronti della moglie, compagna dei suoi viaggi e colei che –lui ci ha detto- lo “bastona” nel senso che lo guida e lo incoraggia nelle sue difficili ricerche, che sono state il soggetto dell’omaggio che le distillerie di Bepi Tosolini gli ha fatto nella persona della bellissima Licia Tosolini, la quale gli ha consegnato una bottiglia di grappa a forma di borraccia del viaggiatore e lui, custode di una memoria dei tempi passati, le ha baciato la mano. Pierluigi Battista, vice direttore del Corriere della Sera, premiato per la saggistica con il volume Cancellare le tracce, Il caso Grass e il silenzio degli intellettuali italiani dopo il fascismo, ci ha rinfrescato la memoria su “l’abitudine italiana a modellarsi sugli umori del presente”. Nella conferenza stampa qualcuno –non ricordo più se lo stesso Battista o altri tra i premiati- ha ricordato una diceria in base alla quale, dopo il fascismo tutti o molti tenevano il pugno per non far cadere il gagliardetto fascista. “Cambiare idea non è reato né peccato”, basta motivarlo. Eppure –ha continuato- le cose non sono andate così. E’ prevalso il silenzio inspiegato nella classe intellettuale, come, a maggior ragione, nella popolazione. Il premio Hemingway che la città di Lignano ha istituito per un suo graditissimo ospite è uno dei tanti premi letterari, ma uno dei pochi che continua a durare e questo grazie ai suoi organizzatori, primo tra tutti il sindaco Del Zotto, che voglio ringraziare anche per la calorosa accoglienza che ha reso alla stampa oltrecché ai premiati.

Di Sara Miriade

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