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IV anno,  2007
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A tavola con Gioia: Lo Spiedo d'Alta Marca

A cura di Gioia

Alla Locanda “Da Lino” di Solighetto, l'ultimo martedì di settembre, è avvenuta la presentazione del libro “Spiedo d’Alta Marca”, a cura del Consorzio Pro Loco di Pieve di Soligo.

Copertina dello spiedo d'Alta MarcaDifficile trovare un altro mangiare, che riassuma perfettamente lo star bene a tavola e una tecnica di cottura del cibo. Parliamo dello spiedo, così pure nel territorio dell’Alta Marca, dove da sempre ha potuto contare sulle capacità di abili cuochi e formidabili mangiatori. Perché questo piatto esprime una cultura del buon mangiare, che non ammette limitazioni di sorta, men che meno di natura dietetica, così in voga ai giorni nostri. Una fortunata collaborazione tra Camera di Commercio di Treviso, il Comune di Pieve di Soligo, la Pro Loco Quartier del Piave, e Slow Food del Veneto ha permesso di raccogliere documenti e testimonianze autorevoli che fanno di quest’arte antica un patrimonio ancora vivo e praticato, proprio nell’Alta Marca delle Colline e delle Prealpi della provincia di Treviso, valorizzando il “come fare” uno spiedo d’autore.
Come tutto ciò che riguarda l’uomo, anche lo spiedo si perde nella notte dei tempi, trovandone testimonianza addirittura nell’antico testamento, quando a Mosè, l’Altissimo prescrisse che il legno per lo spiedo fosse preso da un albero di melograno: rami dritti, poco propensi a bruciare, di sapore lievemente garbo.

Lo spiedo è universale: già nel VII secolo gli Arabi avevano predisposto un ricettario, che ne conteneva l’indicazione. Solo nel XIII secolo apparve in Italia nel primo ricettario –stampato a Venezia- e poi con la moda dei primi libri di cucina si espanse su tutto il territorio, particolarmente in Toscana. Non a caso, proprio nel Comune di Montevarchi, nella provincia di Arezzo, l’Accademia del Poggio raccoglie tra l’altro una serie di documenti legati alla storia dell’agricoltura locale e dove la tecnica dello spiedo ha un posto di rilievo. Anche questa felice terra trevigiana, quella delle Colline e delle Prealpi possiede storia e tradizione dello spiedo, così idealmente da congiungersi all’Italia che, come dice Giacchino Belli, altro non è: “...che fatta come uno spiedo: tanti pezzi diversi uniti dagli appennini, che poi ognuno mangia per conto suo...”.
Tanta letteratura, colta e meno colta, contiene riferimenti allo spiedo: “Pinocchio”, “L’Orlando Furioso”, “I canti” di Giovanni Pascoli, che parla, quest’ultimo, proprio della macchina per lo spiedo che, nonostante la confusione regni in cucina, fa sempre il proprio lavoro.
Questa voglia di “non dimenticare” si è concretizzata in una agevole pubblicazione, ricca di illustrazioni anche storiche dal titolo “Spiedo di Alta Marca” a cura di Otello Fabris ed Enrico dall’Anese (15 euro –il libro può essere richiesto direttamente alla Pro Loco di Pieve di Soligo, Piazza Vittorio Emanuele II, 12 tel. 0438 980699) che raccogliendo quanto è storia, letteratura, e pratica quotidiana dello spiedo, indica anche un vero e proprio decalogo per realizzare uno spiedo, “d’autore, che brevemente possiamo riassumere:

1) La fretta deve essere bandita;
2) Avere a disposizione un caminetto a vista con legna;
3) Le carni siano “rintracciabili”, quindi certificate, preferibilmente usando quelle di animali allevati in proprio, come maiali, -i tagli migliori, sono coppa, costa, e fondello, e pollo, o in alternativa coniglio, faraona e anitra;
4) Lardo e salvia lascino respirare la carne;
5) Salatura ed aromi siano usati con parsimonia;
6) La cottura sia a fuoco lento e della durata di cinque ore;
7) Leccarda e brace sono altro momento importante, stando attenti che la brace non ritorni sotto fumo sullo spiedo, così rovinandolo;
8) Attenzione al precòt finale: il lardo acceso avvolto nella carta paglia serve per dare una botta di fuoco sulle carni che girano sullo spiedo per uniformare la cottura;
9) Si abbini lo spiedo alle erbe in tecia, ai fagioli, alle radici, e comunque alle verdure di stagione del territorio, cosi come il vino dei Colli di Conegliano, rosso;
10) In tavola, una volta tolto dagli schiodini, è segno che tutto è andato per il meglio. Eppoi vale sempre il detto: “Il treno aspetta il Re , il Re aspetta lo Spiedo”. E’ proprio un piatto da Re!

A cura di Gioia

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