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Direttore Federico De Nardi www.abcveneto.com sabato 1 settembre 2007
IV anno,  2007
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EDITORIALE n 42: la spiaggina

Di Federico De Nardi

Non c'è niente di meglio che trascorrere una giornata al mare e fare una nuotata per rilassarsi: mare pulito spiaggia candida e poca gente. Questo è possibile anche nel notissimo e frequentatissimo litorale veneziano. E' sufficiente che, abbandonata l'automobile, non vi dispiaccia camminare un pochino e subito si stendono davanti a voi 'centinaia' di metri di mare e di spiaggia incontaminata, a parte montaliani cocci di bottiglia, ma basta guardare dove si mettono i piedi e con un po' di ottimismo malevolo si può pensare che siano proprio loro che tengono la gente lontana. Eppure l'urlo della carne deformata dalle abbondanti libagioni a cui non riescono a resistere migliaia di corpi in esposizione preme a poche centinaia di metri da questi piccoli paradisi difficili da raggiungere.
Sto parlando del Cavallino e di Punta Sabbioni, che a parte i campeggi, rimane una delle migliori spiagge libere nei dintorni, infatti la vanità della maggior parte dei turisti pendolari costringe gli stessi a fermarsi a Jesolo: spiaggia peraltro generosa malgrado gli ombrelloni stile catena di montaggio e i palazzoni che quando state nuotando sembra vi caschino addosso, tant'è l'avidità e l'ingordigia di costruttori che hanno edificato proprio sulla spiaggia, pensando forse di fare concorrenza alla Serenissima, che costruiva sul bordo dell'acqua, per motivi di mancanza di spazio, che a Jesolo non sussistono proprio.
Giunti sul litorale di Punta Sabbioni, dopo aver parcheggiato l'auto sul ciglio di un floridissimo campo di pannocchie svettanti e superato il qualche centinaio di metri che forma il sopravvissuto -miracolosamente- bosco litoraneo, si sbuca nella zona delle dune primordiali, abitate da arbusti marziani e, mentre le piante dei piedi iniziano a 'fregarsi' di sabbia grigio-dorata, si apre davanti a noi, scavalcate le ultime sinuosità dunesche, la spiaggia vera e propria, disabitata, a parte come accennavamo prima i numerosissimi corpi deformati dei grassoni in lontananza, le zone dei campeggi o i tratti più vicini ai parcheggi. Mi ha sempre fatto rabbia sentire la gente lamentarsi di fare poco movimento e poi arrivata la possibilità di esercitarsi, tutti si accoccolano e impiantano ombrelloni nel punto più vicino all'accesso dei parcheggi, come se fare un centinaio di metri di più sia un impedimento insuperabile alla possibilità di conquistare un bel pezzo di spiaggia libera dalla invadente presenza umana. Chissà perchè, alla gente piace stare vicini come le foche e i trichechi a cui moltissimi bagnanti, noto guardandomi intorno, assomigliano incredibilmente.
Colto così con l'occhio il punto esatto in cui interrare (insabbiare?) la punta dell'ombrellone e aperta la corolla rossa della cupola, subito rapita dalla brezza marina, non rimane che sistemare teli da mare, vetusti come i galeoni che giacciono nei mari dei Caraibi, agganciare sacche e vestiti leggeri ai raggi dell'ombrellone e aprire le 'spiaggine', ovvero delle basse seggioline di resina bianca, o forse plastica (non ho l'occhio da chimico), palparle un po' per vedere se sono ben posizionate sulla sabbia. Poi non rimane che sedersi, pregustando già la loro comodità, data dal fatto che si è vicinissimi al suolo e le gambe si possono allungare liberamente, incuneare i calcagni nella sabbia, le dita e chiudere gli occhi ascoltando gli urli dei gabbiani e della risacca che farebbe venir voglia a qualche poetastro da strapazzo, di comporci sopra dei versi. Ma tutto ciò dura pochissimo: un crac proveniente dalla spiaggina mi resuscita. Ecco, si è rotta. neppure cinque minuti di riposo. Uno dei sostegni dello schienale, si è crepato spezzando il supporto, impossibile stare appoggiati, la spiaggina si è ridotta a uno sgabello.

Abbiamo comprato entrambe le spiaggine in uno di quei centri commerciali per il bricolage che mi pare siano francesi, il Castorama. Questi signori, sono molto professionali. Esibendo lo scontrino ti sostituiscono tutta la merce. Il problema è che noi abbiamo buttato via lo scontrino, non pensavamo le spiaggine durassero mezz'ora. Abbiamo comunque fatto lo stesso un tentativo. Ma non per farci sostituire la merce, sappiamo che senza scontrino non si può, così si dice, cambiare la merce. Solo per informarli sulla merce che vendono. La risposta è stata: <<Sono le prime che ci tornano indietro. Ma cosa vi aspettavate? Non sapete da dove vengono?>> (ovvero dalla Cina).

La stessa cosa ci è capitata con due biciclette, questa volta acquistate al Panorama. In corsa, il blocco pedali saltava via. Qui per fortuna avevamo conservato lo scontrino, anche se c'è un'altra sorpresa: <<Il blocco pedali non è coperto dalla garanzia.>> Dopo molte insistenze, visto che avevamo comprato la bici completa, i pedali non li abbiamo messi noi, ci hanno finalmente detto di far riparare la bicicletta da chi volevamo e poi portargli lo scontrino che ce l'avrebbero rimborsato. Così è stato. Ma il tempo perso? La beffa? Quanta gente lascia perdere e non riporta indietro la merce? (In questi centri commerciali, una frase usatissima, probabilmente appresa dal personale nei corsi di formazione è: 'siete i primi a cui succede').

Di chi è la colpa di tutto questo pressapochismo, di questa merce difettata, di questi imbrogli sotto la luce del sole? Della Cina o di chi acquista la merce per poi rivenderla? È questo il mondo del commercio?

Di Federico De Nardi


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