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Palazzo Fulcis, il capolavoro di Belluno

1 febbraio 2017

di Federico T. De Nardi




Tre madonne tizianeschePotremo dire anche noi – io c'ero – all'inaugurazione di Palazzo Fulcis, il nuovo museo civico di Belluno, nuovo si fa per dire, perché si trova in un palazzo storico, residenza settecentesca di una delle famiglie più in vista della città, presente con certezza attestata da documenti fin dal Trecento e iscritta al Consiglio dei Nobili dal 1512. Palazzo Fulcis si trova nel centro storico di questa cittadina ricca di storia e di aria pura - e patria di Dino Buzzati - incuneata fra le Dolomiti e il Piave, che appare all'improvviso dalla strada con un fascino particolare, di fiaba quasi, con i tetti sporchi di neve, il luccicante sole mattutino e le montagne grigie sullo sfondo. Ma torniamo al palazzo, questo bel palazzo veneziano appena restaurato in maniera impeccabile che accoglie una collezione d'arte di tutto rispetto, che negli occhi – ancora - mi richiama quasi un ballo di gattopardesca memoria, perché il museo non sono solo i quadri o le porcellane o le statue o i gioielli, ma anche gli stucchi, gli affreschi, gli specchi appannati dal tempo, le consolles barocche circondati da fregi e putti, le sale con camini e decorazioni in stucco in oro e bianco con lo stemma a croce di malta, gli straordinari pavimenti in seminato a motivi rococò di questa importante famiglia bellunese che ha un cognome che ricorda un po' gli eroi di un feuilletton ottocentesco. Mentre scrivo, rivedo a mente in nitida sucessione i quadri, le incisioni, i busti, le porcellane, i bronzetti e le placchette rinascimentali, la raccolta di disegni. Il ricordo è così potente che mi è sembrato che gli artisti che li hanno creati fossero là con noi, nelle sale, a vederli, appena dipinti o scolpiti, soddisfatti di non essere stati dimenticati dalla loro terra natia: Sebastiano e Marco Ricci, Antonio Diziani, Giuseppe Zais, e Ippolito Caffi e Alessandro Seffer, Matteo Cesa, il vicentino Bartolomeo Montagna; le sculture del cadorino Andrea Brustolon. All'ultimo piano, i capolavori assoluti, che sono tenuti "in soffitta" non per non essere visti, ma perché in questo palazzo la soffitta ha la funzione del Paradiso (e un tempo di granaio, di conserva del cibo importante per la vita) e contiene i grandi teleri di Sebastiano Ricci con la caduta di Ercole dal carro di Fetonte; che fortunato il possessore di queste opere! A suo tempo, si trovavano nel camerino d'Ercole, (di prossima acquisizione da parte della Fondaziona Cariverona, artefice del restauro del palazzo) languidamente illuminato dalla fiamma guizzante di candele, forse si addormentava con una visione fantastica, cinetica, viva, più potente e dinamica di un qualsiasi videogioco di ultima generazione o di una pellicola d'azione dei nostri tempi; una visione di forza e di colori che sembra impossibile che sia stata ricreata con una plasticità così forte e viva da caderci ancora addosso oggi, nell'epoca della velocità più futuristica che si possa immaginare, della frenesia moderna, del consumo di immagini che si è fatto religione al punto che ce ne portiamo a migliaia – formato francobollo - nel taschino dentro il cellulare.
Questi Teleri (sono tre, oltre la caduta dal carro di Fetonte c'è l’Ercole e Onfale e l’Ercole al bivio) mi hanno colpito di più della regina di questa mostra inaugurale: la famosa Madonna Barbarigo (sembra sia la capostipite di molte madonne tizianesche, qui esposta fra due opere dello stesso soggetto provenienti dal Museo di Belle Arti di Budapest e dalla Galleria degli Uffizi di Firenze) che Tiziano teneva sempre con sé e che forse fu l'ultima cosa che vide, prima di morire di peste nella sua Venezia nel 1576. La madonna Barbarigo finì nella collezione dello zar all'Ermitage di San Pietroburgo nel 1850. E forse anche Nicola II, ultimo imperatore della Russia – cento anni dopo, nel 1917 -- rivide dentro di sé questa Madonna con il bambino, prima di essere fucilato a Ekaterinburg.
Questa opera è oggi custodita dal Museo Statale Ermitage di San Pietroburgo – e giunge per la prima volta in Italia, dopo oltre centocinquanta anni –; rimarrà a Belluno fino al 1 maggio 2017. Sottilineiamo che è stato appena restaurato in maniera stupefacente da Serghej Kisseliov maestro pittoro restauratore dell'Ermitage.
Ricordiamo poi che i nuovi e ampi spazi museali hanno reso possibile l’esposizione di nuclei collezionistici e di opere prima sacrificate o non esposte, a causa degli spazi limitati del Palazzo dei Giuristi (sede del precedente museo), seguendo uno sviluppo, a partire dal primo piano, il più possibile cronologico o per fondi collezionistici: questi ultimi collocati soprattutto nell’ala nord-orientale dell’edificio. Qui, abbiamo trovato la collezione Zambelli con una delle raccolte di porcellane del Settecento più importanti del Veneto (ne siamo subito diventati appassionati); la collezione di gioielli Prosdocimi Bozzoli, le matrici xilografiche della tipografia Tissi e, a rotazione ci sarà, il materiale delle ricche raccolte grafiche del museo, che ora dispone di uno spazio consono per valorizzare sia i notevoli disegni – dall’eccezionale album di Andrea Brustolon ai lavori di Diziani, fino ai fogli di Demin e Paoletti – sia le importanti stampe della collezione, tra le quali si segnala, ad esempio, il fondo Alpago-Novello (oltre 1400 fogli), per il quale è in corso un progetto di catalogazione sistematica.

Ecco, a noi è toccato questo privilegio di essere presenti all'inaugurazione mattutina (27 gennaio 2017), ancora prima del momento di apertura ufficiale per tutti, che è avvenuto poi nel pomeriggio con le autorità ufficiali, la cittadinanza, le associazioni cittadine tutte, gli abitanti che festeggeranno poi per un mese di seguito, come si festeggia quando si sposa la figlia preferita della famiglia e si vorrebbe che la festa non finisse mai e il Sindaco lo ha promesso, è nella tradizione della città. Infatti l’apertura del Museo Civico di Belluno nel restaurato Palazzo in Via Roma, alla fine di Piazza Vittorio Emanuele e giusto di fronte allo storico Teatro Comunale, segna un momento particolarmente importante per la città dolomitica, che sta ripensando la cultura e l’identità del territorio e la sua offerta alla luce di una serie di interventi strutturali in atto nel cuore di Belluno: non solo il Fulcis ma anche il restauro in corso di Palazzo Bembo, la futura apertura del Museo archeologico, i lavori di ristrutturazione dell’Auditorium Comunale nell’antico Palazzo dei Vescovi-Conti, a creare un triangolo della cultura unico che porterà Belluno al centro del crocevia della cultura.

di Federico T. De Nardi



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