Questo
Quaderno Appunti e contrappunti è un omaggio affettuoso che
la rivista da me fondata e diretta offre a Giulio Ghirardi come premio
di fedeltà e di amicizia.
È una piccola antologia che raccoglie i saggi più
caratteristici dello scrittore veneziano che non teme di sconfinare e di
decentrarsi, facendo tesoro delle radici che lo legano all’arte, all’Ateneo
Patavino da lui frequentato e amato negli anni migliori quando il pen-
siero critico ruotava intorno a maestri indimenticabili come Pallucchini,
Bettini, quando era ancora viva e attuale la lezione di Giuseppe Fiocco.
Il quaderno ha un valore estetico e sentimentale. ho conosciuto Ghirardi
nel lontano 1973 quando dirigevo il Museo Civico di Pordenone. Al di
là degli scritti e degli interessi specifici, notai in lui qualcosa di inedito,
di insolito anche dal punto di vista umano e caratteriale. I suoi modi
gentili contornavano un personaggio ottocentesco che aveva ricevuto
qualche bastonata dalle istituzioni di allora e che si rifugiava, per reazione
istintiva e benefica, nella libertà della poesia, del racconto, e dell’afori-
sma, sviluppando un linguaggio e un carattere libero, indipendente, ca-
pace di abbracciare tanti registri dell’amato strumento chiamato pensiero.
Sono considerazioni dettate dalla sincerità, dalla stima, dall’amicizia,
dalla comunanza di interessi che esulano dai temi di repertorio e imboc-
cano i sentieri misteriosi, spesso tortuosi del megacosmo interdiscipli-
nare: un’area sconfinata nella quale primeggia l’amore di entrambi per
la musica, oggetto di vivaci conversazioni, spesso casuali, mai inibite da
complessi settoriali o accademici.
La scelta dei temi è libera come il piacere, spesso il dovere di divagare
da me condiviso con positiva indulgenza, in quanto negli sconfinamenti
affiora il carattere aforistico, aristocraticamente polemico che non con-
trasta con la colonna portante dello svolgimento centrale. I saggi risal-
gono per la maggior parte al primo decennio del 2000, periodo di
grande fertilità espressiva, di instancabile produzione per Ghirardi che
ha avuto il coraggio di affrontare con insistenza l’emozione, spesso trau-
matica, del libro, della pubblicazione spregiudicata.
Giulio Ghirardi è in effetti, per ARTE |Documento| una presenza affe-
zionata e preziosa, quanto, per nostra gioia e fortuna, ricorrente; e gliene
siamo molto grati: per non ripetermi, mi basterebbe ricordare qualcuno
dei suoi contributi più recenti, Voci del Novecento, Benno Geiger, Stra-
winskj e Venezia, graditissimi sempre e portatori di luce nuova e feconda.
Saggista di grande spessore culturale e umano, scrittore mai prevedibile,
pensatore dotato di rara capacità d’indagine in una fitta rete di coordi-
nate, flessibili ed elegantemente duttili quanto ferme nei fondamentali
che ne sono alla base, aforista d’eccezione, conoscitore profondo di uo-
mini, cose, eventi della Mitteleuropa – e penso, in specie, all’amata Dal-
mazia – anche sommersi, anche sfuggenti alla percezione dei più: ma
memorie preziose e intuizioni felici, come ci hanno recato illuminante
esempio, negli scorsi mesi, le ispirate pagine sulla mozartiana Zauberflöte
“faro per gli artisti del ventesimo secolo”, con gli incantevoli bozzetti di
Oskar Kokoschka per l’edizione 1955-1956 del Festival di Salisburgo
dominata dalla grande presenza auspice dell’ultimo Furtwängler; e, in-
sieme, la veridica, irresistibile – e un po’ nostalgica – comicità di quella
serata per le vie della città di Mozart durante una ‘sospirata’ recita di
idomeneo re di Creta. Per non allontanarci da questa tematica diletta,
amatissima da Ghirardi e da me, ho l’impressione che quelle sue fresche
e godibilissime percezioni salisburghesi di prima mano abbiano a pro-
porsi per noi, suoi amici e sodali affezionati, come un’ouverture che ci
introduca nelle belle, stimolanti pagine che qui seguono; e che segui-
ranno, feconde e copiose per il futuro: ad multos annos!, amico Giulio,
ricchi del pensiero e delle opere tanto amati; e delle soddisfazioni, più
che mai meritate e abbondanti, che sono in impaziente attesa.
Di Giuseppe Maria Pilo