Maria Ester Nichele parla di Milena Milani

Questa intervista è stata pubblicata per gentile concessione di Alessandra Trevisan. La prima volta su Poetarum Silva

Claudio Ambrosini con Milena Milani nel 1995, fotografati da Maria Ester Nichele
di Alessandra Trevisan



Gentile Signora Nichele, lei è stata per tanti anni amica di Milena Milani. Quando la conobbe e quando iniziò a leggerla, e a partire da quali libri?

R. Conobbi Milena Milani a Roma alla fine degli anni Ottanta, quando lavoravo come fotoreporter. Milena era sempre presente alle più importanti manifestazioni della città, curiosa attenta a tutto quello che al nuovo si presentava in quelli anni ricchi di iniziative culturali ma anche così contraddittori. Così cominciò la nostra amicizia, io lavorando come fotografa, lei era già affermata giornalista, scrittrice, poetessa ma non dimentichiamo anche pittrice e nota gallerista. Con il lavoro, da Roma mi spostavo a Venezia e a Cortina d’Ampezzo, e anche lei c’era. A Cortina d’estate c’era tutto il bel mondo che contava in vacanza. Cominciai a leggerla molto presto con libro “La Ragazza di nome Giulio”, edito da Longanesi, i temi trattati adesso non scandalizzano più nessuno ma allora fu giudicato osceno, tanto che l’autrice subì un doloroso processo, una condanna a sei mesi e 100.000 lire di multa, la mobilitazione di intellettuali italiani fecero sì che fosse poi assolta.

D. Durante una conversazione privata lei mi ha riferito che l’autrice ha trascorso moltissimo tempo in Veneto, una terra che ha lasciato il segno nella sua opera. Quali città e quali luoghi sono i più rappresentati nella sua scrittura? Ricordiamo Venezia, Cortina d’Ampezzo…

R. Milena è nata Savona in Liguria, ma ha amato molto Venezia e Cortina d’Ampezzo. Il suo primo romanzo “La ragazza di nome Giulio” è ambientato a Venezia, a Venezia ha sempre avuto casa, molto giovane andava a Cortina a sciare con la madre. La scelta di vivere per molti mesi a Cortina era data dal fatto che, essendo lei delicata di salute, le giovava l’aria benefica di quel posto. Anche a Milano aveva casa, e a Milano scrisse “La rossa di via Tadino” del 1979, Rusconi Editore. Non dimentichiamo Roma dove ha studiato e ha sempre avuto la residenza finché è vissuta. Milena era una gira mondo, ha passato molti periodi a Parigi, New York, Mosca dove ha scritto un libro di poesie dal titolo “Mi sono innamorata di Mosca”, Stoccolma dove presagì, inviando una cartolina Salvatore Quasimodo che avrebbe vinto il Nobel. E così fu.

D. Parlando di Cortina mi pare che questa sia una città prediletta sin dagli anni cinquanta. Lì c’è sempre stato anche un certo ambiente culturale, cui la Milani prese parte. Che ricordo ha lei legato a questo luogo in rapporto all’autrice?

R. Sicuramente a Cortina l’ambiente era molto vivace, già negli anni Sessanta, e a questo proposito mi piace ricordare anche l’importante lavoro culturale di Rosanna Raffaelli Ghedina giornalista e scrittrice. Sua è stata l’idea di organizzare cicli sistematici di presentazione di libri di autori italiani e stranieri, durante la stagione estiva, a lei si deve gli “Incontri con l’autore”. Milena ha inventato il caffè letterario Arnika Poesia, dove ogni sera si declamavano poesie. In quegli anni era attiva nell’organizzazione di mostre di pittura presso la galleria Terrazza Cortina, che Milena dirigeva, divennero celebri anche gli Week-end di poesia, dove trovavano spazio e visibilità artisti italiani e stranieri. All’Hotel Ancora dirigeva lo Spazio Cultura. Gli intellettuali facevano a gara per esserci, a Cortina mondanità, effervescenza culturale e sport avevano creato un habitat particolare, fecondo di iniziative dove chi andava in vacanza non trovava solo divertimento ma anche la possibilità di arricchimento e approfondimento. Era possibile incontrare Vittore Branca, Vittorio Sgarbi, Indro Montanelli i conti Nuvoletti, Leonardo Mondadori, Margherita, Hack, Rita Levi Montalcini, Marta Marzotto, Marina Ripa di Meana e suo marito Carlo, Andreotti, Spadolini, Gianni De Michelis, Cossiga, i giudici Giuseppe Ayala, Carlo Nordio, il cardinale Tonini, solo per ricordarne alcuni.

D. Quali artisti e autori le furono vicini in Veneto e per quali ragioni secondo lei?

R. Milena era una persona molto importante e influente nella cultura e nell’arte in generale.
Cortina è tuttora una finestra nel mondo sempre aperta, ricordo Roberto Bricalli, Mery Palchetti, Walter Morando, Renato Missaglia, Patrizia Bambini, Pietro Cascella, Michele Berton, che avevano dei rapporti diretti con Milena.
Ma parlando di Milena non posso non ricordare il suo legame con Abisola (Savona), lì andavo a trovarla negli ultimi anni della sua vita, i ricordi di quelle visite ancora mi emozionano, lì era cominciata la sua vita artistica e lì ha voluto trascorrere gli ultimi anni della sua vita. Per capire quanto importante sia stata la sua attività artistica devo ricordare che Milena Milani, unica donna a firmare con Lucio Fontana il primo Manifesto sullo Spazialismo, contribuì a far conoscere gli Spazialisti in Francia. Lì dipingeva e faceva ceramiche, ha conosciuto Aligi Sassu, Agenore Fabbri, Migneco, Wilfredo Lam e molti altri. Ad Albisola c’è la famosa passeggiata, unica al mondo, di ceramica dove le persone camminano sopra le opere degli artisti.

D. A mio parere la sua propensione alla poesia attraversa l’opera. Come definirebbe lei lo stile dell’autrice?

R. Ho due libri di poesie di Milena Milani, il primo è “Ignoti furono i cieli” pubblicato nel 1944 da Cavallino Editore Venezia, con ritratto di Milena eseguito da Filippo De Pisis.
Quando andò a studiare all’università a Roma nel 1940, conobbe subito Vincenzo Cardarelli, lo seguiva con altri discepoli. La guerra sembrava un avvenimento lontano, che non coinvolgeva i giovani. Lei non parlò mai a Cardarelli delle sue poesie. Lui seppe della sua attività di poetessa per caso, dai giornali, perché Milena vinse i Littoriali di Poesia del 1941 che si svolsero a Sanremo che furono gli ultimi esclusivamente femminili, gli universitari maschi erano al fronte. A questo proposito Milena disse “La mia vittoria non piacque ai dirigenti del G.U.F. di Roma al quale appartenevo, e nemmeno al segretario del P.N.F. Dopo avere espresso il loro biasimo per la giuria, mi hanno chiamata per rimproverarmi perché non avevo scritto liriche dedicate a Mussolini e al fascismo. Già in quelli anni ero considerata scandalosa perché avevo osato affrontare temi che si riferivano oltre che all’anima, al corpo, al sesso”. Su di Lei giovane ragazza cominciavano a correre parecchie dicerie nell’ambiente letterario, che la sua vita sradicata dalla famiglia contribuiva ad accrescere. Uno strano pudore le impediva di far leggere quanto scriveva a Cardarelli e agli amici (Ungaretti, Sinisgalli, Gatto, Penna, Saba, Quasimodo, Quarantotti, Diego Valeri, Palazzeschi Comisso). Non parlava mai dei suoi scritti, non chiedeva loro un giudizio prima che questi fossero pubblicati. Stava in silenzio ad ascoltarli mentre parlavano della loro poetica, del loro mondo, dei loro amori, dei loro rancori.
L’altro volume “Mi sono innamorata a Mosca” sono poesie di Milena Milani dal 1938 al 1965 sono una sorpresa per i lettori e per i critici. E’ un diario d’amore in cui Milena Milani si mostra nel suo essere donna, come la sua storia che si dipana negli anni.
“La sua poesia è chiara, musicale sensualmente godibile, fresca di una sincerità esistenziale e di un lirismo ora elegiaco ora pittorico che ricorda quello delle poesie di Apollinaire, di Prevert, di Brassens e di Brel. Una poesia di grande intensità morale e sentimentale capace di coinvolgere qualsiasi lettore” si legge nell’introduzione al testo, edito da Rusconi nel 1980.

D. Milani non fu attiva solo nella scrittura ma anche nell’arte contemporanea, con un apprendistato da organizzatrice insieme a Carlo Cardazzo del Cavallino di Venezia, poi da sola. Come artista lei proprio, autrice di quadri e ceramiche scritte, espose in molti luoghi. In che modo si svolgeva la sua attività, per come lei l’ha intesa?

R. Difatti lei iniziò pensando di dipingere, da ragazzina andava di nascosto da Savona in bicicletta ad Albissola a scuola di pittura all’insaputa dei suoi genitori. Poi il professore si innamorò di lei e fu costretta a interrompere i corsi. La passione per la pittura l’ha accompagnata tutta la vita. Ha fatto più di cinquanta mostre e Lucio Fontana fu il suo primo collezionista. Albisola fino agli anni Sessanta era una “piccola Atene” in riva la mare, luogo di incontro di grandi artisti. Con il compagno Carlo Cardazzo avevano aperto a Milano la Galleria del Naviglio, a Roma la galleria Selecta, e a Venezia la galleria del Cavallino. E’ stata la prima donna a scrivere parole nei quadri e nelle ceramiche. Dipinse finché poté alzarsi dal letto, nella sua casa ad Albisola, aveva lo studio con i colori sempre pronti per dipingere, così come teneva sempre carta e penna e macchina da scrivere pronte per raccogliere le sue idee e le sue ispirazioni.

R. Fino a qui abbiamo trattato della figura pubblica, dell’artista, ma c’è un ricordo affettivo della donna che lei sente di poter condividere?

D. Ho una grande ammirazione per il coraggio e la forza nel saper affrontate la vita sempre con allegria e buon umore anche nei momenti peggiori, come nel processo che ha avuto con il suo primo libro “La ragazza di nome Giulio” e di tutte le conseguenze che ha avuto in seguito.
Non è stata travolta dalle persone, né dal fascismo né dalla stampa.

Questa intervista è stata pubblicata per gentile concessione di Alessandra Trevisan. La prima volta su Poetarum Silva

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