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Numero 110

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Goccia dopo goccia, ognuno si sente di valere!

2 maggio 2013

A cura di Raffaella Biasi





Gli alunni stranieri del ‘Giorgi’ di Treviso - scuola che ha più di un terzo di alunni extracomunitari - quest’anno hanno partecipato a costruire un libro dal titolo: VIVERE TRA DUE MONDI“ il racconto delle bellezze e degli aspetti positivi del proprio Paese natale, il senso del distacco della propria terra di origine e l’inserimento nella realtà italiana”, che ha voluto essere un passo avanti rispetto ai racconti, scritti sempre ‘in negativo’ ossia pensando alle durezze della loro esistenza e alle causa della loro fuga da situazioni drammatiche.
Invece questo è testimonianza, ancora ingenua, delle realtà non stereotipata del proprio Paese di origine, fatta di ricordi e di nostalgia che li riporta indietro nel tempo. Il libro è composto di racconti di varie lunghezze: alcune volte sono commenti brevissimi, altre volte i ricordi sono tanti, ma vengono sintetizzati con la capacità che è propria dello stile di chi non è letterato. In tutti però si percepisce la passione, il pathos con cui ci si rivolge alla propria terra di origine.
Sono sempre più convinta che chi ha l’opportunità di vivere o di sfiorare più culture abbia la mente che gli si allarga e che viene colmata di immagini e novità infinite, stili di vita sorprendenti e abissi dell’anima che neanche si possono immaginare, soprattutto se chi li racconta sono giovani adolescenti con difficoltà di linguaggio nell’esprimersi in italiano e forse qualcuno viene anche da difficoltà anche nella lingua d’origine, ma tutti i racconti sono ricchi di emozioni e di quella qualità interiore, l’animus, che riesce a dar vita alle cose, anche le più piccole. Ciò che sorprende è che, comunque sia il loro paese di origine, ricco o povero, l’immagine che ne deriva è sempre nostalgica e positiva.

Un segno delle cicatrici del loro vissuto è che molti non si sono voluti firmare, così abbiamo accettato questa loro scelta, che certamente fa pensare.

Benché in molte classi il livello di integrazione sia apparentemente raggiunto, non si può dire che fuori della scuola questo livello sia tale, perché è quasi solo la scuola e lo sport, principalmente il calcio e il rugby, che li fa ritrovare insieme, uniti in una squadra che non fa differenze di origine, lingua e cultura. Il nostro sforzo, quindi, deve continuare, perché l’integrazione è solo momentanea e apparente e le differenze di pensiero e di scelte di vita siano evidenti.

L’Italia è molto diversa nel sogno dei migranti, che poi si scontrano con la realtà, poiché le usanze sono differenti, le persone sono meno calde, meno di supporto e quindi è spesso difficile superare la discriminazione ancora alta. Al di là della retorica apparente, gli stranieri sono ancora e spesso vittime di stereotipi sull’arretratezza, di chiaro razzismo, soprattutto quando provengono dall’Africa, anche se alcuni italiani cercano di nascondere un po’ questa differenziazione, ma in un modo o nell’altro ti fanno capire che sei straniero e non sei il benvenuto, se non per i lavori umili.

Insomma esplode nei racconti non solo il ricordo nostalgico del loro paese ma la chiarezza con cui viene delineata un’Italia che schifa le culture altre e che, anzi, le stigmatizza.

Da questo libro estrapoliamo un breve racconto, il cui autore preferisce rimanere anonimo.

"...Non so se devo vergognarmi di raccontarvi la mia storia, il mio vissuto, ma ho deciso di raccontarvela con speranza.
Non so da dove cominciare. Ho 17 anni, 17 anni di vita, 17 anni in cui stiamo tutti noi adolescenti passando dall’infanzia all’età adulta.
È molto poco. Ma questa vita è stata completamente rosa per me. Sono sempre stato diviso tra due paesi, il mio paese d’origine la Guinea e il paese dove il destino mi ha portato: l’Italia. Sempre con-diviso tra i due. Ho vissuto 14 anni nel mio paese d’origine, la Guinea, e due anni nel paese dove il destino mi ha portato, l’Italia. Questi anni ho fatto molte andate e ritorni. In Guinea, la cosa che ho avuto è una bella vita, ho frequentato il meglio di quel paese, ho vissuto molto bene, circondato dalla mia famiglia, dai miei amici d’infanzia, in una scuola eccellente, di alta qualità. Non sono mai stato solo. Non c’era tempo per soffrire. Avevo ancora tutti intorno di me per impedirmelo. Non sono mai stato così felice come allora.
In Italia invece la storia è diversa. Tutto finito: la mia casa, la mia famiglia, i miei amici. Avevo ancora la mia mentalità di ragazzo ingenuo che ha fatto tutta la scuola media in Guinea. Continuavo a dire che tutto il mondo è bello, tutti sono gentili e tutti sono perfetti. Che illusione! Parlavo con tutti, scherzavo con tutti. L’Italia è molto diversa della mia Guinea, le persone sono diverse, sono meno calde qui non ho tutta la mia famiglia con me, mi mancano i miei nonni e anche i miei fratelli e le sorelle; è spesso difficile, a volte piango, e poi ho visto com’è la discriminazione: è alta, gli stranieri sono spesso vittime di razzismo, soprattutto quando provengono dall’Africa. Francamente alcuni italiani sono razzisti, cercano di nasconderlo un po’, ma in un modo o in un altro ti fanno capire che sei nero o straniero e non sei il benvenuto. Le persone sono secche, cattive, delle volte ho l’impressione che non sono consapevoli dei loro comportamenti cattivi o malvagi: alla fermata dell’autobus ti guardano come un microbo puzzolente, la gente si allontana da te, nel supermercato ti guardano come se fossi caduto dal cielo, ma io sono un africano e sono fiero di esserlo.
Sono popolare anche io, anche se non so come sono diventato popolare. Non è come per alcuni stranieri che non ce l’hanno fatta. Mi dispiace molto per loro. Perché le cose sono fatte così? Perché alcune persone sentono naturalmente superiori ad altre ? Nella vita professionale il ‘nero’ è usato per fare un lavoro che richiede un sacco di sforzo fisico: raccoglie spazzatura per la strada, pulisce i bagni pubblici, è responsabile della sicurezza in un negozio, ecc. E’ davvero raro vedere un leader nero in una grande azienda in Italia, indipendentemente dal suo livello di istruzione, finisce sempre per fare il ‘lavoro nero’, come essere cassiere, magazziniere, uomo tutto fare, agente di sicurezza in un negozio. Per questo il parlamento italiano ti dirà che è il nero stesso che non si vuole integrare. Tutto questo è sbagliato, molto viene fatto per integrare, ma in realtà la società ci rifiuta, ci colloca nello spazio dedicato alle canaglie. Qualunque cosa facciamo siamo già catalogati. Non avevo quest’immagine dell’Italia, sono molto dispiaciuto soprattutto quando penso che nella direzione opposta i bianchi che vivono in Africa sono trattati in maniera totalmente diversa. In Africa il bianco è il capo, il Boss vive in una bella villa con diverse stanze, una macchina molto bella, occupa una posizione molto buona nella società, ha domestici diversi, il bianco fa la legge in Africa, è il capo! Vi rendete conto di questa ingiustizia? Qualsiasi bianco che si sia installato in Africa è ricco. Quando penso alle sofferenze dell’Africa, quando vedo come si è operato, sia qui in Italia che in Africa con noi mi ribello dentro! Ho vissuto qui tutta questa discriminazione. L’Italia, mi ha aiutato a capire un sacco di cose.
La mia casa mi manca molto, mi mancano la gioia che si legge nei volti della gente, il sole e il calore del mio paese (non come il freddo d'inverno che qui contorce la luce), i bambini che corrono a piedi nudi, mentre le loro madri sono nei mercati a vendere nulla per sfamare le loro famiglie, i quartieri con persone che non lasciano che il proprio vicino di casa stia da solo nella miseria. C’è sempre qualcuno a sostenerlo e la solitudine è la generosità sono con lui. Mi ricordo i bei paesaggi lontani che ho visto: mi mettevo sul balcone della nostra casa, ho potuto anche vedere l'alba e il tramonto, è stato bellissimo. Lo stress non esiste in Guinea, la gente non si suicida a causa di problemi che comunque possono avere...[di B.M.J.]

a cura di Raffaella Biasi



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