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Rispetto e vecchiaia nel mondo arabo

1 maggio 2014

Di Raffaella Biasi





Raffaella Biasi (islamologa): Per capire come funzionano le dinamiche del mondo arabo-musulmano, ma anche arabo-cristiano, in tutti i paesi toccati dalla civiltà musulmana bisogna prendere la parola ‘rispetto’ e analizzarla un po’.
La società arabo-musulmana inculca la parola rispetto fin da quando i bambini sono piccoli, attraverso uno schema di gerarchie sociali – che possono variare naturalmente da Paese a Paese, dal momento che i Paesi arabo-musulmani sono almeno 27 e altrettante le loro tradizioni – che vengono appunto tramandate per imparare il ‘rispetto’ in generale. Il rispetto si guadagna già a priori, già all’interno della famiglia, per il fatto di essere ‘zio’ o ‘nonno’. A seconda della posizione familiare dunque, vi sarà un codice di comportamento che favorisce sempre il rispetto per il più anziano o gli anziani, o se non sono più anziani come età, per il ruolo familiare.
Insomma le categorie che incutono un positivo rispetto sono: l’anzianità, il ruolo nella famiglia, la saggezza o capacità personale.
Ma l’anzianità è vista già di per sé come saggezza e non come un peso da trascinare o da sopportare o meglio non è vista come un ostacolo al futuro dei giovani e nemmeno come una posizione di arretratezza tecnologica o socio-culturale.
Riguardo a quest’ultima, spesso noi occidentali inveiamo contro i vecchietti – per esempio in macchina, che intralciano la strada - o dobbiamo per forza dimostrarci giovani sia nell’aspetto che nell’energia che nei vestiti, che nell’essere sempre aggiornati tecnologicamente.
Non voglio dare delle categorie di ‘giusto’ o ’sbagliato’, ma solo sottolineare le differenze.
Osservare, per esempio, come - nella gerarchia familiare - si insegni il rispetto attraverso le piccole cose di tutti i giorni, per esempio nei ruoli che ognuno già incamera da bambino, prendendosi determinati impegni. Per esempio il figlio maggiore non può fumare davanti al padre, cosi come il fratello minore non può fumare davanti al fratello maggiore e così via. Men che meno le donne, che possono liberamente fumare anche il narghilè ma solitamente in modo più appartato o se sono tra loro anche al bar, all’esterno. Ma anche, in senso negativo, il controllo del mondo femminile attraverso una serie di comportamenti limitanti della libertà quotidiana e individuale.
I più grandi si prendono cura dei più piccoli, e i figli – a differenza nostra che riteniamo che i figli vengano fatti per piacere nostro, per il nostro egoismo di aver qualcuno da amare – i figli ritengono di dover essere grati al padre e alla madre che li hanno messi al mondo e li hanno accuditi (cosa a cui noi non pensiamo minimamente), per cui sono più disponibili a curarli in vecchiaia, perché lo sentono come un dovere morale, più forte che da noi, quantunque la vita frenetica delle grandi città porti al disfacimento dei nuclei familiari.
Bisogna infatti tenere conto che nelle società arabo-islamiche o cristiano-islamiche, che però vivono in quelle tradizioni, i nuclei familiari sono ancora tutti uniti e i vecchi vivono nelle case ‘allargate’, ossia le case sono o appartamenti dove tutti hanno la loro indipendenza ma restano vicini, o comunque i nonni sono accolti nelle famiglie, piuttosto che essere messi in una casa di riposo. Perchiò vivono un ruolo di centralità attorno a cui ruota la famiglia. Certo che questo comportamento è anche dovuto al fatto che lo stato, pur avendo case per i senza tetto o i malati, non sovvenziona gli ospizi per anziani, come qui, ma non c’è neanche proprio l’usanza nella testa delle persone di abbandonare un parente a sé stesso.
Questa breve riflessione sull’anzianità e i ruoli sociali, però, non è esaustiva perché tratta soprattutto delle aree popolari e non di quelle metropolitane, con tessuto sociale disgregato dalla fretta e dai tipi di abitazioni, nonché dalle migrazioni dei figli per lavoro all’estero. Ma, dal momento che il numero dei figli rimane sempre più elevato rispetto al nostro, c’è sempre qualcuno che si occupa del genitore. E, ribadisco: quest’ultimo è visto come fonte di esperienza, quindi di ricchezza, e viene onorato e venerato per la sua saggezza e non rifiutato perché ormai fuori dalla vita frenetica e tecnologica di ora. E’ così che, quindi, si mantiene viva la tradizione e si tengono in considerazione i consigli degli anziani.
Da questa riflessione si potrebbe passare a considerare il fatto che il periodo di adolescenza è più breve he da noi o addirittura si salta. Ma questa è un’altra lunga storia …

Di Raffaella Biasi



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