Liberamente tratto dal romanzo omonimo di Jean-Claude Carrière
Adattamento: Mario Migliucci, Anna Redi, Adriano Saleri
Con: Manuela Fiscarelli, Mario Migliucci, Anna Redi, Adriano Saleri
Musiche dal vivo: Giovanni D’Ancicco
Regia: Anna Redi
Una produzione: Le Bazarre
Organizzazione: Associazione Terre Vivaci
Cosa ci si aspetta da un fabbricatore di miracoli? Cosa attendersi da colui che dodici volte al giorno afferma di essere la
Potenza di Dio? In cosa speravano tutti quei paesani, i suoi discepoli e i fanatici che lo seguivano senza sosta? Il cielo parlava
a Simone come un libro aperto, fino all’incidente di Cana, quando intravide tutto a un tratto un possibile segno divino, che
però era rivolto a un altro.Per un racconto poetico
C amminare lungo il confine sottilissimo tra la menzogna e la
verità, praticando l’arte del teatro che si basa sulla menzogna per
raccontare una verità. Immaginare uno spettacolo da poter fare
ovunque e per un pubblico misto, dove chiunque può ricevere
una domanda a secondo del proprio percorso interiore.
Questo spettacolo nasce grazie ad una residenza alla Torre di Chia
di Pier Paolo Pasolini e grazie all’incontro al Teatro Valle Occu-
pato con Adriano e Mario appassionati dello scrittore francese
Carrière e la passione per la musica persiana e le danze antiche
di Manuela e Giovanni. Confrontarsi con il divino attraverso la
storia di un mago diviso tra la cialtroneria e la sacralità. Falsa è la
magia ma il mago è vero.
Mi impressiona la storia di questo grande personaggio involonta-
riamente comico e perdente del panorama cristiano, quanto mai
attuale con le sue pulsioni.
Un ostinato e arrogante perso tra i pianeti e le costellazioni alla
ricerca di un segno divino per avere potere sugli altri o forse per
la troppa pietà che nutre per gli altri.
E solo alla fine una figura di Gesù sorprendente, lontana dalla
nostre memorie cattoliche, profondamente semplice ed umana.
Suggestivo il “Simon Mago” messo in scena l’11 e 12 gennaio alla Casa delle Culture, tratto da un adattamento dell’omonimo romanzo di Jean Claude
Carrière, che riflette sul complesso rapporto fra magia e spiritualità.
Siamo nella Palestina ai tempi di Gesù: Simon Mago è un predicatore (e di esso testimonia anche la Bibbia negli Atti degli Apostoli) che si fa
chiamare “Potenza di Dio”, realizza miracoli (più o meno credibili) e raccoglie una certa frotta di fedeli fra gli ignoranti dei poveri villaggi di
Samaria. Fra riti mistici e orgiastici e l’amore per la bella Helena una prostituta di Tiro, la sua fama vivrà alti e bassi fino all’arrivo di Gesù, che
ne oscurerà il prestigio e ne metterà in dubbio la reale forza magica.
Sulla scena il Mago avvolto in una tunica azzurra, la bella Helena in costumi arabi, spesso danzante sulla scena, insieme a due narratori vestiti
con abiti comuni ed un suonatore di setar che accompagna gli attori ballerini mentre raccontano la “parabola” discendente del profeta che si
credeva Dio davanti ad un nuovo e presunto Figlio di Dio.
La narrazione di questi ultimi, affidata ad un divertente Adriano Saleri ed una grintosa Anna Redi (che firma la regia), fa uso anche del dialetto
e si fa spiritosa, pungente sulle altalenanti sorti del Mago, perso nei suoi giochi illusionistici e nei presunti miracoli, sempre più messi in discus-
sione. La scelta di vestire i narratori in abiti moderni, a differenza del Mago e di Helena, è forse un velato tentativo di riconoscere ancora in noi
moderni la tensione verso la magia, una “debolezza” che nasconde la necessità ancora tutta moderna di vedere il miracolo per credere in qualcosa.
La figura del Mago, seppur avvolta nell’alone di mistero ed indefinitezza dall’antichità, ci viene qui restituita come quella di un impostore, che
gioca con la menzogna per accaparrarsi il plauso della gente del posto, ed eppure Mario Migliucci non cade nella figura del ciarlatano consape-
vole ma anzi evidenzia quella reale consapevolezza del Mago di essere un essere sovrannaturale, almeno fino al toccante incontro con Gesù (che
non comprare mai nella scena) dietro il muro della sua cella prima della crocifissione.
Ed è infine toccante proprio il momento dell’incontro con Gesù nel buio di scena: fioche candele lasciano intravedere il Mago confrontarsi con
il reale fautore di miracoli: Gesù ispira in lui pentimento forse, o anche un semplice ridimensionamento delle proprie convinzioni.
È questo riferimento al buio della menzogna ed alla luce fioca della verità professata da Gesù, a rendere la figura di Simon Mago confinata nelle
tenebre ed eppure sempre in qualche modo viva nella gente di oggi che in magia, astri e costellazioni cerca di dare un senso al sovrannaturale di
cui si cerca così insistentemente una manifestazione terrena che sembra non arrivare mai.
Rassegna stampa
Prendono corpo i personaggi del romanzo di Jean-Claude Carrière “Simon le mage”, inedito in Italia, grazie al riadattamento teatrale dell’opera che hanno curato Mario Migliucci, Anna Redi e Adriano Saleri per la realizzazione dello spettacolo Simon Mago, andato in scena domenica 30 Marzo a Santa Maria Capua Vetere (CE) sotto l’Anfiteatro illuminato che faceva da cornice remota ad una trama attraverso cui si snodano le vicende del guaritore-ciarlatano Simon Mago, tessute nelle memorie antiche della Giudea. Simon Mago si proclama “Potenza di Dio” e compie
miracoli per mestiere. Attorniato da due accoliti scanzonati, uno interpretato da Adriano Saleri, e l’altro da Anna Redi, che cura la regia dello
spettacolo, Simon Mago (Mario Migliucci) si muove tra le folle, proclamando la fine del mondo, accompagnato dalla bella Helena (Manuela
Fiscarelli), prostituta di Tiro da lui riscattata, sacra e profana al contempo, Grande Madre e Grande Orizzontale in un unico corpo. Il mago si
propone alle genti come profeta, asceta, guaritore, benefattore dell’umanità, finché un giorno non emerge dai racconti del popolo l’esistenza di
un uomo straordinario, i cui mirabilia stravolgono l’umanità dell’epoca: Gesù di Nazareth. Questo uomo magnifico, che è sulla bocca di tutti,
rappresenta per il ciarlatano il sommo rivale, con cui non potrà mai confrontarsi se non nel momento estremo, alla vigilia della crocifissione.
Calati nelle ombre e nei sapori dell’antica Giudea grazie alle note di Giovanni D’Ancicco, musicista, che suona sul palco il suo setar e intona
con la voce ritmi atavici, e alla bellezza sinuosa delle danze di Manuela Fiscarelli, abbigliata all’orientale, gli spettatori potranno meravigliarsi di
quanto attuali siano le parole degli attori – non a caso i due accoliti sono abbigliati in maniera sgargiantemente moderna, a rimarcare quanto
determinati interrogativi dell’uomo siano inscritti nel cerchio del tempo. Quanto c’è di magico nella fede? E quanto v’è di fede nella magia (ri-
cordiamo ad esempio le recentissime teorie sul gesto psicomagico di Alejandro Jodorowsky)? La magia come atto di fede e la fede come elemento
magico sono i due capi della matassa che Simon non riuscirà a sbrogliare, inciampandovi e cadendo rovinosamente nel dedalo in cui, ingannan-
do gli altri, non ha che ingannato sé stesso. È la rivelazione che un Cristo morituro fa a Simon Mago, in un momento elevatissimo della messa
in scena in cui, dopo aver tanto ascoltato le abitudini, i raggiri, i desideri e i patimenti di questo vinto della storia, la narrazione si apre e lascia
un messaggio caldo e morbido, come un conforto: Simon è un giusto perché ha pietà dell’uomo e gli dona un velo per la sua più grande paura:
quella dell’Ignoto. La vita dell’incantatore-attore non è che un sussurrare:
“Igitur audi, sed crede, quae vera sunt” (Dunque ascolta, ma credi, ciò che è verità) come scrive Lucio Apuleio ne l’Asinus Aureus, il primo romanzo latino che pone dubbi sulla fede e la religione (da religo, “trattenere”), che se da un lato è zavorra, dall’altro è àncora. Il bisogno di credere
in qualcosa – dell’uomo in una verità universale, del pubblico negli attori-tricksters – è la fotografia/litografia di quella fragilità, tipicamente
umana, di servirsi di un artifizio cosciente, per fugare le ombre delle proprie aporie. La regia della Redi ci regala soluzioni sceniche intelligenti
ed intraprendenti: pochi elementi per i personaggi, corpi che diventano archi o porte, mantelli aerodinamici e, sopra ogni cosa, la parola: scarna,
essenziale, quasi primitiva, un archetipo che non si sporca della sua nudità.
Lo spettacolo, realizzato ai suoi albori nella Torre medievale di Chia - che fu residenza di Pasolini, grazie alla sensibilità dell’Associazione Roccal-
tia di Chia, dopo esser stato presentato a Casa delle Culture e Teatro Tor di Nona a Roma, a Savona, Bassano Romano e a Santa Maria, prevede
numerose tappe in Sicilia, tra cui la Casa del Cantastorie di Paternò e per il resto d’Italia.
Jean Claude Carrière
Jean-Claude Carrière (Colombières-sur-Orb, 19 settembre 1931) è uno dei più importanti intellettuali europei contemporanei. Scrittore,
saggista, sceneggiatore cinematografico e televisivo, autore e redattore teatrale e poeta. Nel 1963 esordisce nel cinema con Io e la donna. Nello
stesso anno inizia una fruttuosa collaborazione con Luis Buñuel, scrivendo la sceneggiatura di Il diario di una cameriera, cui seguiranno con
Bella di giorno, La via lattea, Il fascino discreto della borghesia, Il fantasma della libertà e Quell’oscuro oggetto del desiderio. Collaborerà anche con
Marco Ferreri (La cagna), con Louis Malle e Jean-Luc Godard, con Jesús Franco (Miss Muerte e Cartas boca arriba), con Volker Schlöndorff e
con Andrzej Wajda (Danton, 1982). Dal 1970 prende parte al C.I.R.T. di Peter Brook, per il quale ha adattato Misura per misura da Shakespeare,
La Cerisaie (1981) da Čechov e il Mahābhārata dall’antico testo indiano. Ha anche portato sullo schermo (con il regista Jean-Paul Rappeneau)
il personaggio di Rostand in Cyrano de Bergerac (1990, con l’interpretazione memorabile di Gérard Depardieu) e ha scritto romanzi a partire
dai film di Jacques Tati (Les vacances de monsieur Hulot, e Mon oncle, 1958). Le sceneggiature di Carrière sono tra le più geniali e originali della storia del cinema. Il suo surrealismo, mai fine a sé stesso, è la chiave per superare il sistema di convenzioni che governa il mondo borghese e osservarne le incongruenze. Spirito distaccato, lucido e sottile, trovò in Buñuel il suo partner cinematografico ideale. Tra i libri, anche Dictionnaire
de la bêtise et des erreurs de jugement (con Guy Bechtel), le cercle des menteurs (tradotto come Il circolo dei contastorie, 1998, a cui ha fatto seguito
un secondo volume, Contes philosophiques du monde entier, dieci anni dopo), un Dictionnaire amoureux de l’Inde (2001), Einstein s’il vous plaît
(tradotto come La ragazza e il professore, Rizzoli 2005) e N’espérez pas vous débarrasser des livres (con Umberto Eco, Bompiani 2009). Ha scritto
inoltre un romanzo a quattro mani su Goya, insieme al grande regista Milos Forman.
Anna Redi
Regista, danzatrice e attrice. Nel suo percorso ha lavorato con Mario Martone, Pippo Delbono, Wim Vandekeybus, Enzo Moscato, Arturo
Cirillo, Alfonso Santagata, Marco Baliani, Pupi Avati e altri registi e coreografi. Ha vinto il Premio Scenario come autrice e attrice di Bagarie e Premio Girulà come migliore giovane attrice napoletana.
Crea Quelle Histoire con Clelia Moretti e Bianca Parafava prodotto da Sosta Palmizi nel 1999, con il quale partecipa al collettivo tedesco Napoli11. Nel 1999 viene candidata al Premio Ubu come migliore attrice per La corona sognata, regia di M. Manchis
Ha scritto e diretto numerosi spettacoli di teatro-danza tra cui: Animula, Le stanze di Penelope, Sono sfiorite le rose, Pà e Matres Matutae presente
in numerosi Festival europei e al Festival Magdalena a Bogotà. E’ collaboratrice alla sceneggiatura de I giorni dell’abbandono, regia di Roberto
Faenza, presentato al Festival del cinema di Venezia 2005. Nel 2008 è trainer per l’attrice Giovanna Mezzogiorno.
Dal 2000 collabora con Chiaradanza (Napoli) e True-love (Savona).
Dal 2001 ha curato le coreografie per le seguenti Opere liriche: Don Giovanni e Le nozze di Figaro, regia di Mario Martone Teatro San Carlo
di Napoli e nel 2007 La Boheme, regia di Dino Gentili, Machbeth regia Andrea De Rosa e per Salisburgo Il Matrimonio Inaspettato diretto dal
Maestro Riccardo Muti.
Insegna teatro danza a Napoli e nei Festival Unidanza presso le Università di Barcellona nel 2002, di Madrid e Bogotà nel 2006.
Dal 2010 affianca alla sua attivita’ di attrice e regista l’attivita’ di coach per cinema e televisione, seguendo tra i tanti attori Stefano Accorsi.
Note Tecniche
Lo spettacolo può essere messo in scena sia in spazi chiusi
(teatri ma anche palestre, cantine, e luoghi non progettati per eventi
performativi) sia all’aperto (teatri all’aperto, spazi naturali, radure, cortili).
Necessità di un’area scenica di minimo 4 metri x 4 metri
e di un semplice piazzato luci.
Se l’acustica del luogo è buona non necessita di particolari impianti
di amplificazione.
Negli spazi all’aperto può essere rappresentato alla luce naturale,
preferibilmente nelle ore in cui il sole si avvicina al tramonto.
Numero partecipanti: 4 attori e 1 musicista
Durata spettacolo: 60 minuti circa
Costo: 2.000 euro + IVA
(non compresa la copertuna del viaggio e l’alloggio per cinque persone).
Contatti:
Anna Redi: cell. 347 2513525
annaredi@ibero.it
Adriano Saleri: cell. 339 4064597 adriano.saleri@gmail.com
SIMON MAGO di Jean-Claude Carrière
Simone non mostrava mai alcuna sorpresa di fronte alle meraviglie della Terra. Ogni creazione gli era familiare, accettava ogni recita e ogni menzogna. “La tal cosa che mi hanno raccontato esiste’’, diceva,“Qualunque essa sia. Ad ogni modo esiste nella parola che la evoca”.
A cura di Abcveneto