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Numero 116

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La semplicità apollinea di Giuseppe Mazzotti

1 novembre 2013

Di Giulio Ghirardi





Che differenza passa tra i capolavori sbocciati dalla fantasia degli artisti e le meraviglie legate  alla volontà imperscrutabile della natura? 
Giuseppe Mazzotti amava le cime dolomitiche come le ville patrizie alle quali dedicò tanto amore e attività di ricerca. L'amore silenzioso ma costruttivo dello storico dell'arte ispirò un ritratto al poliedrico Dino Buzzati, illustratore e psicologo slegato da pose e correnti, audace e geniale come un erede del surrealismo, umile ed estroverso come un fumettista di rango.
 Ho conosciuto Mazzotti in rare occasioni: conservo foto e ricordi ma penso che nessuno come Buzzati abbia saputo interpretare il carattere dello studioso trevigiano cogliendone lo sguardo penetrante e un po' ingenuo, non offuscato dalle lenti spesse degli immancabili occhiali, compagni di vita e di ritratto. Ho incontrato Mazzotti, per la prima volta, alla vernice della retrospettiva di Guglielmo Ciardi che la città di Treviso ospitò nella storica Ca' da Noal. Era il settembre del'76 e mi chiesì come la nostalgia fosse riuscita a compiere il miracolo di risvegliare l'arte e il messaggio del pittore veneziano, talento ottocentesco, tardoromantico, in un periodo storico in cui la cultura subiva l'assalto delle avanguardie e delle dissacrazioni più spinte. Lo chiesi anche a Giuseppe Mazzotti senza la minima intenzione polemica. E il critico mi rispose che l'amore della natura, il fascino della campagna sono atteggiamenti o sentimenti che sopravvivono alle mode espressive. Certo, l'Ottocento veneto aveva subito un sorpasso da parte dei maestri d'oltralpe, soprattutto francesi e la critica militante aveva da tempo trascurato o mandato in soffitta i cari maestri affezionati alla terra natia, sia nei risvolti lagunari come nelle scampagnate en plein-air. Mazzotti era ottimista e, ammirando le tele esposte nel palazzo gotico, era convinto che la retrospettiva sarebbe stato l'inizio di una rinascita, di un recupero interpretativo non casuale o momentaneo. Io , anche se ero immerso nella cultura figurativa parigina pre- e post impressionista, approvai le parole di Mazzotti, le interpretai come una piacevole profezia che non mancò di influenzare l'articolo apparso quasi simultaneamente nelle pagine culturali de Il Giorno e accolto con favore sia da Afeltra come da Alberico Sala. Le stesse idee circolarono nella presentazione che l'illustre studioso dedicò a una mia raccolta di saggi, affiancato da Giuseppe Longo e da Giuseppe Mazzotti. L'incontro si svolse a Padova nella sede della Dante Alighieri ( febbraio 1979 ) e alla fine della manifestazione, Mazzotti mi strinse la mano, quasi la accarezzò, apprezzando l'indipendenza e la libertà di pensiero che ispirava il libro intitolato "I sostantivi della pittura". Sia fedele a se stesso, disse l'oratore, non si lasci mai sopraffare dall'ipocrisia che regna nei nostri ambienti. Sia sincero come Ciardi nei  colloqui pittorici con la natura!.


A cura di Abcveneto



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