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Pia Bressanin racconta la sorella maggiore Maria, pittrice e monaca di clausura a Treviso, nel Monastero delle Visitandine

1 novembre 2015

Di Maria Ester Nichele





Questa intervista colloquio realizzata da Maria Ester Nichele, risale al 1999 e non è mai stata pubblicata prima. Lo pubblichiamo perché Maria Bressanin fa parte dei personaggi da riscoprire e ricordare di Treviso.
Pia Bressanin inizia a raccontare la storia di sua sorella maggiore, contessina Maria Bressanin, monaca di clausura con il nome di Giuseppina Antonietta.

“Maria era nata a Treviso in Via Manzoni numero 12, il 23 di novembre 1898 da Gian Antonio Bressanin e da Matilde Della Rovere Sernaggiotto di Casavecchia, famosi conti genovesi discendenti dai Papi Sisto IV 1474 e Giulio II (Giuliano Della Rovere nato a Savona eletto 26 novembre 1503 e morto il 21 febbraio 1513. Fu eletto Papa in poche ore. Egli incoraggiò l'arte e gli studi e rese Roma magnifica con l'apporto di Raffaello e Michelangelo. Indisse il 18° Concilio Ecumenico, completò la direzione della Basilica di S. Pietro, la più grande del mondo). “Con avi così prestigiosi, (il nonno Della Rovere aveva un castello nel Friuli, ma io non l'ho mai visto) Pia continua a raccontare “non mi sono mai interessata alla storia di famiglia perché ero la penultima, ed ero considerata,con l'ultimo fratello, i due piccoli di casa. La famiglia era formata dai genitori e da cinque figli: tre femmine e due maschi. Io ero la quarta, facevo parte dei piccoli della famiglia e così non ero al corrente di molte cose e fatti di casa. Ricordo che in famiglia la cosa più importante era la cultura, l'arte e lo studio, erano queste le cose principali a cui noi dovevamo applicarci sia i maschi che le femmine.
Maria infatti aveva studiato ed elaborato tutti i canti della Divina Commedia, dall'Inferno al Purgatorio e al Paradiso. Abbiamo studiato privatamente con il professor Milanese, personaggio illustre del tempo, già insegnante della mamma, e poi Maria riceveva lezioni di pittura con il prof. Pavan. In tutte le città dove andavamo, Maria portava sempre il suo cavalletto con i pennelli. Aveva grande passione e talento. Ovunque andavamo lei si metteva sempre a dipingere il paesaggio e persone. Ha fatto molti ritratti compresi i miei genitori. Poi più tardi entrò in collegio a Bologna in uno dei collegi più famosi diretto dalle nobili suore francesi.

In questo Collegio studiò pittura con un professore dell'accademia di Firenze, oltre al padre anche il nonno seguiva molto i nipoti negli studi. Egli li sorvegliava con grande amore e anche i viaggi erano sempre programmati con percorsi culturali. Maria da bambina ebbe una paralisi e non camminava normalmente, ma era molto buona, affettuosa ed era sempre molto felice, aveva tanta gioia da regalare a tutti quelli che la avvicinavano. I bambini,quando la incontravano per strada la canzonavano, la prendevano in giro, ma lei non si preoccupava non ci faceva caso. Suo padre invece soffriva molto.
Era nata normale, perfetta come tutti noi, ma dopo qualche tempo la sua balia perdette il suo bimbo e sprofondò in un dolore terribile. I medici di allora dissero che la bambina sensibilissima poteva aver risentito del dolore della balia e questa poteva essere la causa della sua malattia. Fu fatta anche una indagine sulle malattie familiari, ma fu trovato nulla di anormale tra gli antenati.
Maria aveva il carattere della mamma che era una persona di grande comunicabilità, di simpatia con tutti, io invece assomiglio molto a mio padre, sono più riservata, a volte le persone possono pensare che sia superba. Tutti in famiglia erano credenti, Maria fin da bambina sentiva la vocazione di farsi suora.
Cominciò a dipingere nel 1923 piccole e grandi tele, prevalentemente con testimonianze e soggetti a carattere religioso. Opere destinate ai vari Monasteri della Visitazione sparsi nel mondo e anche nelle nostre chiese trevigiane e venete, e nello stesso monastero trevigiano.
Per la beatificazione di San Pio X dipinse 50 ritratti del Santo, invece per san Francesco di Sales e Santa Giovanna de Chantal, dipinse un altro notevole numero di dipinti.
M. L. nota critica d'arte, così scrive... “viene spontaneo pensare vista la prevalenza del “ritratto” che questi dipinti rappresentano la testimonianza di un faticoso ma sereno percorso spirituale e di una profonda introspezione dell'artista. Nella quasi totalità delle opere vive la passione, forse l'amore per la vita; una vita i cui attributi sono: rigore, spiritualità, fede e bellezza. La tranquillità espressiva che attraversano i ritratti si esprime nello sguardo, tale da sempre vivo, presente tutt'altro che immobile. Tutte le opere richiedono partecipazione, una riflessione estetica e una rivisitazione del concetto del sacro che trova la risposta nella pastosità del colore. Sorprendente la luce che avvolge ogni dipinto, capace di aumentare la profondità d'immagine. Quasi sempre il volto delle persone ritratte , non necessariamente santi, s'illumina di un caldo avorio, mentre le vesti appaiono sublimate dal rosso porpora e dall'ocra. Il volto sembra staccarsi dalle vesti, quasi come una maschera sospesa nell'aria e trattenuta dalla forza dell'anima che la rende incantata. Una luce che non è dentro al dipinto, ma posta poco più in là, forse vicino a lei, che da monaca si vedeva costretta a lavorare solo alla sera fino a tarda notte, con luce fioca prodotta da candele o lumi a petrolio. Queste tele spoglie di pregi del colore, ci fanno pensare ai notturni di George de La Tour. Dove una gamma ridotta di gialli e di bruni si combina a dei rossi intensi resi illuminati da lumi di notte.
In effetti, godono di questa atmosfera solo le tele realizzate dalla Bressanin nella sua cella, mentre le grandi opere destinate ad altari e realizzate in ambienti che godevano di luce naturale del giorno, si manifestano di tutt'altra bellezza. Appaiono cieli plumbei, prati di tiepido verde e figure vestite con abiti chiari. Nei dipinti più animati, le figure, appartengono più al paesaggio posto sullo sfondo che al concetto sacro che la pittrice voleva esprimere. L'atmosfera si fonda con armonia sulle tenui tonalità, creando una composizione bella,piena di luce che diventa punto focale di tutti i dipinti. Nonostante questa grande capacità impressionistica, le opere della Bressanin vivono tutte dell'atmosfera del momento in cui son state realizzate, mantenendo sempre una grande serenità. Incantevole il dipinto raffigurante la Maddalena. Una giovane donna con le chiome sciolte e lo sguardo illuminato, mentre stringe tra le mani un'ampolla. Un'immagine, una tecnica pittorica e una gamma di colori che non fanno collocare l'arte della Bressanin al secolo a cui lei appartiene, ma piuttosto vicina ai grandi maestri del Seicento”. Nella chiesa del Monastero della Visitazione a Treviso si trova un quadro di grande dimensione di un pittore trevigiano, Silvano Sartori, il Buona Pastore, che si è ispirato all'ultimo progetto, un bozzetto incompiuto di Maria Bressanin, sospeso nel 1963 per la sua morte improvvisa nel 1964.
Ho conosciuto la famiglia Bressanin Della Rovere, perchè sono stati miei amici d'infanzia. Noi eravamo cinque fratelli, tre maschi e due femmine. I nostri genitori permettevano solo a questi nostri amici di frequentarci, perchè noi figli eravamo piuttosto esuberanti,ma vicino a loro diventavamo più tranquilli. Era facile incontrarci perchè i nostri giardini confinavano e potevamo vederci anche dalle finestre delle nostre case, così era facile raggiungerci. Per questo la nostra amicizia è sempre continuata nel tempo, anche se gli incontri si sono poi diradati e ognuno di noi aveva preso la sua strada. Mi piace ricordare il tempo delle nostre giovinezze piene di giochi,incontri e studi con Adelaide, Agostino e Leonardo: sono stati amici speciali che hanno lasciato nel nostro animo ricordi ancora vivi e luminosi.

(Storia dei Papi, Volume secondo, di Carlo Castiglioni dottore dell'ambrosiano 1945, (prima edizione 1936) Unione Tipografico Editrice Torinese

Di Maria Ester Nichele



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