Mostra fotografica dedicata ad Arturo Martini a San Polo di Piave, nell'occasione del XXXVI Premio Internazionale di Letteratura Giuseppe Mazzotti

Durante il XXXVI Premio Internazionale di Letteratura Giuseppe Mazzotti, che su terrà sabato 17 novembre 2018, alle ore 16.30, presso il Parco Gambrinus di San Polo di Piave (Treviso) Maria Ester Nichele e Alberto Leoncini presentano la mostra "Arturo Martini in Liguria", si tratta di venticinque foto, che riguardano il periodo ligure dello scultore trevigiano che solo ora inizia ad essere ricordato a Treviso, dopo molto lungo oblio. Sarà pubblicato un catalogo a cura dell'Associazione del Premio Gambrinus Giuseppe Mazzotti.

Copertina del libro su Arturo Martini
A cura di Abcveneto

Maria Ester Nichele: mi sono innamorata di questo progetto frequentando Vado Ligure, Savona e Albissola quando andavo a trovare Milena Milani che, ammalata, non è più tornata in Veneto. Ero anche curiosa di conoscere Savona, città dei due papi, Sisto IV e Giulio II, perché dei loro discendenti, nipoti della contessa Matilde Della Rovere, miei amici d'infanzia, mi parlavano spesso dei loro avi importanti e prestigiosi. Visitando le città e frequentando le biblioteche mi imbattevo sempre in qualcosa che mi portava al nostro scultore, Arturo Martini. Nemmeno io sapevo che in questi luoghi lui si era sposato, abitandovi lunghi anni. La memoria di questo nostro grande scultore qui, nella sua città, non era molto viva con monumenti o altro, invece in Liguria sono stata colpita dal ricordo con sculture, targhe, piazze e altro. Così, approfondendo questi stimoli, ho scoperto che qui è stato molto apprezzato: in questi luoghi ha lavorato e vissuto una parte della sua giovinezza, sposandosi e realizzando molte opere significative. Nel libro che mi è stato donato, intitolato Villa Groppallo, Museo Civico di Vado Ligure di Sabelli Editore (Savona, 1982), nei ricordi delle manifestazioni in onore di Arturo Martini, Riccardo Bacchelli nel 1963 ripercorre la cerimonia dell'inaugurazione del monumento a Arturo Martini eseguito dal suo allievo prediletto, Roberto Bertagnin, su un bozzetto del maestro, collocato in mezzo alla piazza a lui dedicata. A pochi passi dalla piazza c'è la casa dell’artista: un vecchio e splendido convento che la moglie Brigida con i figli Lena e Antonio, e un suo allievo, e marito di Lena, Roberto Bertagnin, hanno dedicato a museo con le sue splendide opere. Lo scultore trevigiano a Vado è stato molto amato da tutta la città e ha fatto conoscere l'arte e la cultura alla popolazione.
Nel 1967, il 22 marzo, per il XX anniversario della morte, Mario De Micheli pronuncia un magnifico discorso nella sala consiliare di Vado Ligure, di cui propongo alcuni stralci.
()... Martini ha avuto una fisionomia, per qualche aspetto, simile a quella di Picasso; è stato un uomo, un artista che non ha voluto essere prigioniero degli schemi. Era insofferente a qualsiasi camicia di forza, anche se la camicia di forza che gli proponevano gli amici dei "Valori plastici", anche se era la camicia di forza che gli poteva proporre la poetica della metafisica, o se volete, la retorica del Novecentismo, il cosi detto "museo" del Novecento, con la sua ripresa della tradizione in chiave accademica, dopo la rottura boccioniana.
Martini non accettava schemi: ne ha sentito le influenze, certo; ne ha subito le suggestioni; ma non accettava nella sostanza questi schemi. Martini era diverso. Il "Museo" di Martini era una cosa completamente diversa. Senza dubbio in Martini ci sono suggestioni di vario tipo: egizie, etrusche, romaniche, quattrocentiste, ci sono perfino suggestioni neo classiche canoviane: Canova era trevigiano come lui e in alcune sculture di Martini è una componente canoviana senz'altro è presente. Però quella che è sicura, è che all'interno di questa varietà di questo ecclettismo martiniano, esiste una costante di Martini che attraversa tutte le varie esperienze, tutte puntate in direzione diversa ed anche opposta. Tale costante è vitalismo, è il vitalismo martiniano, un vitalismo che rompe il museo, che frantuma le regole e i canoni del museo, e che riesce a far palpitare di una realtà profonda e viva la scultura. Un ardore vitale direi, un nucleo vivente che preme all'interno delle sue sculture: questa è la costante martiniana, una costante che salva sempre, o quasi sempre, Martini dall'esercizio, dalla bravura dall'esercizio.
()...La freschezza, il rischio, l'allegria, la forza, la disinvoltura, la sensualità non sofisticata, la novità plastica e la novità tecnica: queste sono le doti che Martini ha profuso quasi di colpo nel deserto della scultura italiana. (...) È chiaro che l'elogio di Martini fatto da Moore è un elogio che in qualche modo ricapitola quello che dovrebbe essere il risarcimento critico nei suoi confronti: Moore, in una lettera che ho avuto modo di leggere ha detto: "In Europa Martini è il vertice dell'arte plastica".
E non è un caso che lo abbia detto Moore, il quale per molti aspetti, non per l'energia, lo scatto, il dinamismo, ma certo per il senso con cui ha saputo concepire certe masse e certi volumi, ha più di una antologia con alcuni spunti o inizi che possiamo trovare in Martini. Ormai è venuto il momento di porre Martini in rapporto alla scultura europea e alla scultura internazionale. Mi sembra che a vent'anni dalla morte questo sia un dovere della critica italiana.

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