Abbiamo visitato lo scultore Romano Abate che sta lavorando a una scultura millenaria, tratta da un olivo morto, vecchio di duemila anni, proveniente da Israele. Lo scultore ci ha raccontato le sue impressioni, i suoi pensieri, le sue idee per questa opera monumentale a cui sta lavorando da lungo tempo.
"...Non ho la cognizione tecnica esatta di come avvengano le operazioni di cattura, di sradicamento, di reclusione in funerei catini di plastica ed infine di deportazione di queste piante magiche, spesso ultramillennarie, come la mia che ho acquistato nel 2010 in un vivaio nei pressi di Treviso.
Quello che ho capito osservando attentamente il mio ulivo
per circa due anni da quando me lo sono
portato nel parco dove abitualmente lavoro attorno alle mie macrosculture lignee, è che il tutto si riassume in una operazione semplicissima come può essere l'estrazione di un dente. La
differenza sta solo nel fatto che l'estrazione di un dente avviene in anestesia, quindi è operazione pressocché indolore, mentre questa dello sradicamento dalla terra dove la pianta ha messo radici e dove queste hanno scavato i loro alveoli è avvenuta "a vivo".
Senza tanti complimenti si recidono le grosse radici con enormi motozappe e, saltando altre
operazioni che sicuramente sono necessarie ma che - come dicevo - non mi sono note, si mette il
tutto in quegli orribili contenitori di plastica nei quali la pianta inizierà la durissima fase postoperatoria
di sradicamento per passare alla condizione di prigioniero e infine di deportato in
qualche giardino di villette pretenziose, magari al nord, dove una cruda gelata darà il colpo di grazia
al nostro gigante abituato a sopportare temperature equatoriali. O morirà per autoconsunzione dopo
aver esaurito le scorte di sostanze organolettiche presenti nel terriccio di origine e faticosamente
assimilate dai capillari delle radici superstiti.
L'opinione comune di noi deambulanti bipedi è che le piante non soffrano e non sentano il dolore.
Forse solo i poeti , gli sciamani e gli artisti - sicuramente quegli uomini che ancora vivono un
rapporto animista con la natura - sanno che le cose non stanno così: costoro chiederanno perdono
alla pianta prima di vibrare il colpo d'ascia che la abbatterà al suolo. Come è possibile pensare che
un essere vivente che ha impiegato migliaia di anni per arrivare a quelle dimensioni non soffra nel
momento in cui una lama affilata di accetta o i denti arroventati di una motosega affonderanno
nella sua carne lacerando le sue arterie? Come non immaginare la sofferenza di una lenta agonia
rinchiusi dentro quei miserevoli cesti di plastica dove si consumeranno le residue energie?
Ho acquistato l'ulivo che era ormai dato morto da chi me lo ha venduto non prima di avermi detto
con un sorrisetto ambiguo che… "sicuramente avrei fatto un sacco di soldi" affettandolo per
ricavarne pratici taglieri da cucina. La mia preoccupazione al momento era solo quella di trovare il
mezzo adeguato e meno costoso per portarmelo in laboratorio. Non lavoro quasi mai legni freschi di
taglio di piante: ma sempre legni vecchi, ceppaie che trovo nei magazzini e nelle segherie, tronchi
di alberi abbattuti e scarsamente o affatto utili dal punto di vista commerciale. Con questa "materia"
(attenti! il termine materia ha origine latina e significa madre, materia prima per l'atto nobile di
costruire la casa, il tempio…la nave, il simulacro del dio…) dò forma alle mie sculture ai miei miti,
alle mie memorie, spesso ai miei incubi e ossessioni.
Nel caso in questione non avevo la minima intenzione di "scolpire" quel legno: era ed è - pur nella
condizione di morte fisica - opera d'arte che si consustanzia nel suo esistere come forza naturale e
non come artificio estetico.
Questo suo assoluto e indiscusso imporsi come espressione naturale di unicità che è appunto simile
allo stato di grazia che assumono le opere d'arte, mi è apparso nel momento in cui il camion che lo trasportava si è fermato nel piazzale di scarico.
Da quel giorno del 2010 ad oggi sono trascorsi due anni. L'ulivo è stato depurato dalla terra
che le sue radici trattenevano ancora gelosamente nei loro interstizi nonostante l'impatto violento del getto dell'idropulitrice industriale. Poi è iniziato per me un lavoro circospetto di avvicinamento e di conoscenza guardinga del suo corpo immenso che, centimetro per centimetro, mi offriva alla
vista e al tatto mondi meravigliosi di materia, ma anche forme immateriali come quelle che le
nuvole barocche ci presentano nel cielo prima dei temporali estivi.
Spesso mi riposavo disteso dentro il suo corpo cavo durante il lavoro di pulitura che pareva non
finire mai.
L´ULIVO COME METAFORA DELLA COMMEDIA DANTESCA
La risposta alla domanda che tutti mi ponevano, dopo
aver visto l'ulivo era: "Che opera ricaverai da questa pianta?
In un primo momento quella specie di serpente che attraversa in diagonale il diametro di più di tre metri della corona circolare della massa delle radici mi apparve come la grande aorta del cuore
dell'ulivo. Poi, a ben guardare, in quella radice mi è apparso il volto del Lucifero dantesco che chiude con il suo corpo il passaggio dall'Inferno al Purgatorio. Ho provato ad immaginare di trascinarmi dentro quel budello, abbarbicarmi al pelo ispido dell'Angelo ribelle, risalire a ritroso e finalmente "uscire a riveder le stelle" e iniziare il viaggio nel regno del Purgatorio per raggiungere il Paradiso Terrestre ed essere ancora "puro e disposto a riveder le stelle" e affrontare l'ultimo viaggio fino alla contemplazione di Dio (…l'Amor che move il sole e l'altre stelle )nel cielo dell'Empireo.
La selva oscura nella quale Dante si era smarrito è rappresentata dall'intrico delle radici e dei
sostegni metallici che permetteranno fisicamente di transitare sotto la grande pianta, salire attraverso il percorso interno nel regno delle anime purganti ed infine uscire
accompagnati dalle luci artificiali dei led posti nella parte terminale del tunnel a contemplare
quella naturale delle stelle nella volta celeste. La lettura di un canto per ognuna delle tre cantiche in
cui si divide la Divina Commedia verrà sostenuta da un testo musicale composto da un giovane
artista che ha accolto il mio invito a collaborare in questo progetto.
IL PROGETTO "U - LIVE"
Così ho voluto chiamarlo questo progetto. Un gioco di parole che vuole ricordare -a me per primo e a chi vorrà recepire il messaggio in esso contenuto - quanto sia imperativo e categorico porre fine ad un commercio inverecondo di queste piante secolari per solo scopi di lucro e in spregio ad ogni norma che vieta di violentare la natura. Se questo progetto troverà accoglienza e sostegno da parte di sponsor privati e da parte dell'Amministrazione del Comune di Sutrio e della Regione Friuli Venezia Giulia, io credo di poter affermare senza presunzione che l'iniziativa, nel suo complesso, potrebbe dare una significativa risposta al quesito che viene continuamente sollevato circa il rapporto tra Cultura e Impresa.
Non si tratta quindi di una mostra d'arte fine a se stessa, ma di un percorso progettuale a pieno
titolo che, nelle intenzioni dei proponenti (Associazione culturale Olympus, Comune di Sutrio,
Provincia e Regione, artisti partecipanti), si rivolge in prima battuta ai cittadini di una piccola, ma
dinamica realtà e attraverso l'uso attento e calibrato dei media, anche oltre i confini della comunità
locale di Sutrio per dimostrare che si può uscire dal tunnel persistente di crisi e contare sul valore
della cultura come innesco di una nuova fase di sviluppo, non solo economico, ma di progresso e di
civiltà.
"U-DEAD / U-LIFE "
Un'ultima considerazione: con un disegno ho illustrato il tentativo (purtroppo non andato a buon fine) di salvare un germoglio che era sopravvisuto nel corpo della pianta ormai morta.
L'Arte comunque ha il privilegio - oltre che la virtù - di rivivificare forme di vita che si sono spente: ma ancor più questa capacità la si ritrova nell'arte contemporanea che rispetto alle forme espressive precedenti (e proprio in virtù delle quasi infinite potenzialità tecniche
che queste possiedono nella nostra attuale epoca), ci permette di superare l'antinomia tra
avanguardia e tradizione che fino a non molti anni fa costituiva uno dei nodi più intricati e
contradditori della sua natura. Oggi questa antinomia è superata, ma si tratta di recuperarne il
valore di questo superamento in termini concreti di "fattibilità" e non solo come pura esibizione astratta di "dibattito culturale" intorno alla natura conservatrice dell'arte della tradizione classica in opposizione al ruolo rivoluzionario dell'arte contemporanea. Simbolicamente la forma dell´ulivo
rappresenta il percorso e il valore della tradizione classica in rapporto alle forme della tecnologia mentre monitors che sono applicati come terminali delle sue radici si trasformano in veicoli
mediatici attraverso i quali si possono comodamente visionare in tempo reale e senza scomodare
costosissimi mezzi di trasporto le opere di giovani che si affacciano sulla scena della
comunicazione artistica.
Un'altra ipotesi di uso dell'ulivo era di utilizzarlo come contenitore riciclato nonostante la sua morte (U-dead) per ospitare al suo interno una nuova pianta ( U-live) che man mano crescerà occupando uno spazio nuovo e quasi protetto.
Immagino una mostra di opere di giovani artisti che partecipano ad un concorso a premio sostenuto
magari da alcune ditte della produzione olearia italiana.
Per il momento mi limiterei a puntare tutta l'attenzione e le forze su questo progetto. Un lungo
cammino incomincia dal primo passo. Sutrio può essere il luogo da cui far partire il primo passo..."
A cura di Federico De Nardi - Foto di Maria Ester Nichele