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RIFLESSIONI SULLA 70 MOSTRA INTERNAZIONALE D’ARTE CINEMATOGRAFICA DI VENEZIA

1 ottobre 2013

Testo: Anna Paola Zugni-Tauro Foto: Giovanna Dal Magro



Venezia 14 settembre 2013. L’obiettivo sulla realtà odierna sempre più spesso riprende violenza, crudeltà, nevrosi . Ma non solo.

Per fortuna sugli schermi del Lido si sono alternati anche film moralmente positivi. Eccoli: “ Via Castellana Bandiera” di Emma Dante, “Philomena” di Stepheen Frears, “Ana Arabia” di Amos Gitai, “ Still Life” di Uberto Pasolini, “ La prima neve” di Andrea Segre, “ Il mio nipote scemo” di Matteo Oleotto, “ Sacro Gra” di Gianfranco Rosi, vincitore del “ Leone d’oro” e l’affascinante “Che strano chiamarsi Federico” di Ettore Scola.

Fra l’altro interpretati da attori eccellenti quali Elena Cotta , vincitrice della Coppa Volpi miglior attrice a 82 in anni nel film della Dante, Judi Dench in Philomena, Mia Kasikowska in Traks, Antonio Albanese in Intrepido.

Ma in molti altri film hanno trionfato violenza e disgregazione della famiglia, fino all’eccessivo “ Moebius” di Kim Ki Duk che esibisce evirati, sangue e vendette senza redenzione . Il regista coreano, vincitore nel 2012 del Leone d’Oro, non riesce a rinnovare l’incanto di “ Primavera, Estate, Autunno. Inverno…e ancora Primavera”. James Franco tratta il cannibalismo in “ Child of God”. In “ Die Frau des Polizisten” di Philip Gröning la violenza distrugge una coppia, Angeliki viene stuprata dal nonno orco e spinta al suicidio in “ Miss violence” del premiato greco Alexandros Avanas. Nel rinnovato racconto dell’ assassinio del presidente John F.Kennedy Peter Landesman non risparmia lo spargimento del sangue e perfino del cervello, in “ Joe” di David Gordon Green Nicolas Cage cerca di salvare da tragiche crudeltà il fanciullo interpretato dal vincitore giovanissimo del Premio Mastroianni Tye Sheridan.

Riflettendo sul fenomeno della violenza estetizzata in così larga misura nel cinema, ricordiamo che fa parte della sua storia dai film western ai film di guerra e di orrore con vasto successo, perché il cinema stimola i sensi, la vista e l’udito, e non permette allo spettatore il tempo per riflettere, come avviene invece nelle arti figurative, che rappresentano terribili tragedie, ma dove le figure non hanno movimento. I produttori poi mirano a sicuri guadagni.

Allora dobbiamo temere o guardare con sospetto questo genere artistico, visto che la Mostra di Venezia è Mostra d’Arte, e possiamo definirlo Arte se non permette la riflessione partecipata intrinseca alle altre forme d’arte? Questo problema investe anche i mass media e soprattutto la televisione, che però non è specificamente arte.

Giustamente ci si chiede se dobbiamo credere a Platone che ritenne dannosa la poesia tragica o ad Aristotele quando afferma che la “catarsi” , o purificazione, aiuta a liberarsi delle emozioni negative?

Il cinema ha nel tempo eliminato molti “ tabù” retrogradi , ma ora nella cultura di massa che cosa possono provocare le continue provocazioni e rappresentazioni di crimini e aberrazioni?

Il Presidente della Biennale Baratta ci informa che in selezione moltissimi erano i film sulla violenza e così apprendiamo che la Mostra ne ha scelto un numero ridotto!.


Testo: Anna Paola Zugni-Tauro Foto: Giovanna Dal Magro



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