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Andrea Zanzotto è qui. Concerto in omaggio al poeta a Castelbrando

1 ottobre 2013

A cura di Abcveneto





Mirco De Stefani: Egli intrattiene ombre, soli, dèi, chiusi corpi e oggetti, infinità: con queste parole Andrea Zanzotto avviava alla conclusione il suo scritto del 1977 in omaggio a Federico García Lorca, intitolato Federico è qui. Del mondo poetico di Zanzotto – che ce ne accorgiamo o no – facciamo parte tutti noi: è noi che egli intrattiene tra le sue ombre, i suoi soli, i suoi dèi, gli infiniti corpi e oggetti divenuti parola. È l’infinità della sua parola che qui si trasforma in musica, musica che in forma di parola dispiega le proprie forme e suggestioni. Andrea Zanzotto è qui: è noi e l’ambiente in cui viviamo che la sua poesia ha trattenuto e magicamente trasformato in parola. E questa parola, nel corso degli anni – dopo essersi nutrita di un paesaggio idealizzato che riscattasse, nella sua purezza e trasparenza, le atrocità e le devastazioni della guerra e delle stragi umane – ha progressivamente introiettato le nuove devastazioni, le moderne infestazioni, le superfluenti vitalbe che soffocano i paesaggi abitati dall’uomo. Egli irradia la sua voce da un centro di cui sempre più stentiamo a percepire l’origine. Nel groviglio caotico del mondo, come riconoscere, infatti, l’armonia della poesia zanzottiana, che i contrasti e gli stridori ha patito e coniugato con le più eteree dulcedini? Dove conducono i sentieri interrotti del Bosco zanzottiano, ora che la stessa nozione di bosco sembra perdere significato? La corruzione della parola è diventata tutt’uno con la corruzione del paesaggio: impercettibili linfe velenose aggrediscono il linguaggio, allo stesso modo in cui fumi e veleni penetrano nella tenerissima valle, si infiltrano nelle sue viscere. La convivenza di stridore e armonia è certo l’aspetto più caratteristico dei tempi attuali: tutto è presente sotto la duplice maschera dell’orribile e del sublime, mescolati e cristallizzati in pietrosi, durissimi conglomerati.
Dove sta, allora, il messaggio di speranza e, forse, di gioia che – lo sentiamo – questa poesia del detrito trattiene dentro di sé, pronta a svelarlo a chiunque abbia la pazienza e l’umiltà di mettersi in sintonia con la sua lunghezza d’onda, con le sue impercettibili frequenze, confuse in tanto pervasivo rumore di fondo? Con fine e fiabesca ironia Andrea Zanzotto attraversa le paludi della desolazione: egli è il Barone di Münchhausen che si solleva tirandosi per i capelli, è il Pollicino che con gli stivali dalle sette leghe supera audacemente le più smisurate distanze. E sempre ci sfugge, inarrivabile, imprendibile, indefinibile, moderno Dioniso dalle infinite maschere.
Il Concerto propone alcuni momenti di un itinerario artistico in terra pievigina durato oltre venticinque anni: un dialogo tra musica e poesia fatto di contrasti, silenzi, intonazioni e intersezioni. Nello spazio e nel tempo di un territorio e di un ambiente geografico e linguistico condivisi, parola e musica, voci e strumenti hanno trovato le proprie sincronie nel qui e nell’ora, e grazie all’amicizia del compianto Giovanni Morelli, hanno risuonato più volte all’isola di San Giorgio a Venezia, nei concerti della Fondazione Giorgio Cini. Due solitudini sono entrate in comunicazione, incrociando per alcuni tratti un diverso cammino di vita e di studi, nel gioco mai risolto dei reciproci rispecchiamenti e divaricazioni.


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