Si è inaugurata il 17 settembre al Palazzo Reale di Milano la più grande e completa retrospettiva dedicata a Marc Chagall negli ultimi 50 anni in Italia con 220 opere e altre 80 al Museo Diocesano,
molte delle quali di collezionisti privati in Paesi lontani e mai esposte prima.
La retrospettiva ripercorre tutta la lunga e travagliata vita dell’artista partendo dal suo Paese di origine, oggi Bielorussia, e passando per il lungo soggiorno francese dove scoprì i colori e le avanguardie e poi l’America dove si rifugiò per nascondersi dalle persecuzioni naziste contro gli Ebrei. Gli ultimi anni della sua vita li passò nel sud della Francia dove riposa.
Dipingendo in ogni Paese dove si spostò dopo la sua fuga da Vitebsk estrasse dal profondo della sua anima tutti i ricordi della sua origine, i contadini, i violinisti, le case basse, le colline morbide, le capre, i galli, gli amanti, la poesia e il sogno, tutti elementi che non lo abbandonarono mai.
Disse Chagall “la mia anima è la mia Patria.Vi posso entrare senza passaporto e mi sento a casa”. Meret Meyer, nipote di Chagall e co-curatrice di Claudia Zevi ha raccontato che suo nonno dipinse fino al giorno prima di morire . Il grande intellettuale romeno Mircea Elide definì l’arte di Marc Chagall così:” Chagall ha riscoperto il mistero e il carattere sacro della natura, primitivo e materno, un luogo in cui l’uomo e gli animali vivono insieme, in pace, sotto l’occhio di Dio e sotto la stessa grande luna, come era nel momento della creazione”. Questo è il vero concetto con il quale guardare queste opere e perdersi nella loro grande poesia e forza.
Testo e foto Giovanna Dal Magro