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RENATO SALVADORI: TRASFORMIAMO TREVISO DA CIAMBELLA COL BUCO A CENTRO DI GRAVITÀ PERMANENTE  

3 ottobre 2017

A cura di Abcveneto




Renato SalvadoriRenato Salvadori: La chiusura del Bar Borsa, con il suo carico di storia e vita cittadina, deve far riflettere. Portando, anzitutto, la solidarietà a Denis Mistro ed insieme a lui, al personale che perde il posto. Quando diciamo che la città non è dei commercianti ma, senza commercio la città muore, intendiamo dire proprio questo. Non c’è vera vita sociale o civile dentro ai nostri centri storici, senza una sana, coerente e facilitata vita commerciale.
Peraltro la notizia sul “Borsa” apre ad una serie di spunti di riflessione che, senza voler cercare responsabili, ma aprendo un dibattito capace di coinvolgere la cittadinanza, aiutino ad evitare per il futuro gli errori del passato. Quando ( e i verbali di giunta della Camera di Commercio ne riportano testimonianza) Salvadori e De Lorenzi- allora componenti di quell’organo- andavano affermando che, se le decisione congiunta di Comune e Fondazione e Cassamarca di trasferire molte attività pubbliche in un luogo diverso dal centro era divenuta ineluttabile, la stessa Fondazione per contrastare l’inevitabile declino avrebbe dovuto farsi carico dei costi di un piano progettuale e di riscrittura dell’intero tessuto urbano entro mura dicevano cose forse ovvie ma, purtroppo, inascoltate. Anche il continuo dibattito sulla “grande Treviso” come soluzione di molti mali va rivisto alla luce dei numeri che ci dicono come questo sogno sia già realizzato. La “grande Treviso “ pesa oltre 200.000 abitanti, purtroppo concentrati nei comuni della cintura urbana. Per cui se uno guarda Treviso dall’alto la vede come una ciambella col buco. E il buco, quello demografico, è costituito proprio da Treviso. Questo è l’altro punto di riflessione, una città che cede i propri abitanti verso l’esterno senza chiedere nulla in cambio, anzi ricavandone spesso problemi di relazione è una città destinata, se non a morire, certamente ad agonizzare.
Esattamente come, purtroppo, sta accadendo a molte delle attività del centro storico. E questo avviene perché - a volte l’impietosità dei numeri serve più di tanti ragionamenti – gli abitanti entro mura si sono ridotti ad un terzo di quelli esistenti solo pochi anni fa. Con queste premesse, cioè una città con scarso bacino d’utenza, chi penserà mai d’impiantare al suo interno attività che per sopravvivere devono spendere soldi ed energie per recuperare clientela esterna visto che quella interna è insufficiente? A ciò si aggiunga la dissennata politica a favore delle tante, troppe, strutture fuori mura, contro cui chi opera nei centri storici combatte in condizioni di svantaggio. Si pensi ad accessibilità, costo dei parcheggi, valore degli affitti, limitazioni per le merci ingombranti etc etc. E purtroppo, importanti ma insufficienti, non bastano le operazioni di “animazione “ della città perché, per loro natura episodiche e costose e quindi incapaci di sostituire l’indotto economico dei cittadini mancanti. Fatta l’analisi, quali soluzioni? Ottima la ricerca di insediamenti di qualità che possano far aumentare l’attrazione cittadina, ma intanto una politica di valorizzazione e mantenimento di quanto commerciale e direzionale esiste all’interno va salvaguardato e difeso. Occorre attivare un tavolo permanete con i comuni di cintura per stendere politiche capaci si sfruttare il peso mediatico del capoluogo rispalmando parte di economia creta in centro storico anche verso di loro.
L’arte, le mostre e gli Eventi di peso extraprovinciale sono tutti esempi da ricomprendere e condividere per trasformare la “grande Treviso” in una “Treviso più grande”. Riportare abitanti in centro non solo per popolare la città ma anche, se non soprattutto, per evitare che i troppi spazi commerciali vuoti che stanno ai piani terra si trasformino in altrettanti garage. Sfruttare la notorietà dei “marchi ombrello” come Venezia, Prosecco, Radicchio oltre al traffico aeroportuale per integrare con una presenza continuativa di soggetti esterni la popolazione sparita. E potremmo continuare ancora…nella speranza che il “ Borsa” rinasca dalle proprie ceneri anche grazie al quell’organico, continuo complessivo dibattito sulla città di cui tanto si sente la mancanza

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