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Direttore Federico De Nardi www.abcveneto.com Martedì 1 Aprile  2008
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Panta rei: una scrittrice racconta la sua opera

Maria Prosdocimo

Panta rei”, tutto scorre, il frammento attribuito ad Eraclito, già utilizzato da altri autori ed in altri contesti, ben si presta a suggerire l'idea del fluire del tempo e delle vicende.

La scelta di utilizzarlo come titolo per il mio lavoro letterario non ha in sé alcuna presunzione intellettuale, non è un scelta furbetta, fatta per catturare l'attenzione di un pubblico colto o, per lo meno, istruito e, nel compierla, mi sono anzi posta io stessa qualche interrogativo, ma alla fine mi sono risolta a confermarla.

Il dubbio in cui mi sono arrovellata per qualche tempo nasceva dalla possibile assonanza fra “panta rei” e...”pestarei”, parola del mio dialetto con la quale si indica una sorta di polentina lenta lenta da consumare a colazione con il latte freddo. Un'usanza del passato, nelle nostre zone, sopravvissuta solo nel nome, ma di cui tanti, anche della mia generazione, conservano ancora memoria.

L'idea che qualcuno, non conoscendo l'antica letteratura greca, potesse fraintendere il termine, mi ha comunque più divertita che preoccupata, perciò la decisione finale è stata quella di mantenerlo come titolo per il mio romanzo.

Tutto scorre, apparentemente immoto e incessantemente il mio fiume Livenza; piena di sussulti e di controversi stati d'animo la mia vita e quella dei personaggi che descrivo.

La narrazione prende il via dal giorno dell'alluvione, il 5 novembre del 1966, che devastò il mio paese, Motta di Livenza, accomunandolo nella sventura alla splendida Firenze e ad altri luoghi d'Italia, in quei giorni terribili.

All'epoca avevo appena compiuto i tre anni, ma il ricordo dell'evento è rimasto impresso fotograficamente nella mia memoria.

Con l'eccezione dei personaggi dell'episodio dedicato alla storia d'amore di Germana e Carmine, interamente inventata, e di quella del bibliotecario del paese (non è mai esistito un bibliotecario maschio nella nostra biblioteca comunale, per questo ho ritenuto di creare questa figura da “incolpare”, dal momento che invece l'autore delle molestie nei miei confronti è esistito eccome), tutte le altre figure del racconto corrispondono a persone realmente vissute, la maggior parte ormai defunte, il più delle volte caratterizzate marcatamente per taluni loro aspetti e in funzione del racconto, che ho reso protagoniste di taluni fatti mai veramente accaduti ma che esse potrebbero aver vissuto alla maniera in cui li ho raccontati. In molti casi ho ritenuto opportuno cambiare il nome ai personaggi.

La storia principale, di cui sono la protagonista insieme alle mie due amiche più fidate, e che si sviluppa per tutto il racconto, intrecciandosi continuamente con le altre vicende, per così dire “minori”, è invece letteralmente inventata, ma prende spunto da un fatto di cui in passato si parlò molto nella nostra zona, e come di cosa realmente accaduta nei pressi del fiume Livenza, al tempo della seconda guerra mondiale, per opera degli uomini della Resistenza.

Il racconto che mi vede protagonista, inventato quindi di sana pianta, è stato un pretesto per descrivere stati d'animo, speranze, ansie e paure che io, da figlia, ho invece realmente vissuto per tanto tempo e ben oltre la morte di mio padre (partigiano all'epoca dei fatti presunti), avvenuta nel 1993.

Nella realtà, non sono approdata alla presunta verità grazie a sue ipotetiche “confessioni”, ma recuperando finalmente alcuni tasselli mancanti che mi hanno consentito di ricostruire gli eventi, per la parte che mi interessava e mi riguardava da vicino, ed oggi sono finalmente pacificata.

Un amico editor, che molto ha apprezzato questo lavoro, ha tuttavia affermato che in esso il mio linguaggio letterario sembra riecheggiare certa letteratura romantica di fine Ottocento, sostenendo che se il mio intento fosse stato quello di conformare il linguaggio all'ambiente bucolico in cui si svolge il racconto merito i più vivi complimenti, ma che la sensazione che lui ha ricevuto dalla lettura delle mie pagine è stata quella di un salto all'indietro, fino a Collodi (che non a caso cito, a modo mio, nel racconto) e simili, con “azzeramento” della letteratura italiana del secondo dopoguerra (Brancati, Pavese, Calvino ecc.)

Ebbene sì, devo convenire, e non solo per prendermi i suoi complimenti, che il mio fine ultimo era esattamente quello di rendere sensazioni e situazioni per come le ho vissute all'epoca dei fatti narrati, per come io vedevo che tutto era percepito e vissuto in quegli anni, tanto da noi ragazzini, quanto dagli adulti.

Che io poi sia di indole romantica, incline ad un sentimento lirico dell'esistenza, e che tenda spesso ad esprimermi per immagini poetiche, è una realtà, una caratteristica della mia sensibilità a cui non intendo rinunciare. Toccherei il cielo con un dito se sapessi scrivere come la Yourcenar, tra gli autori di tutti i tempi che pongo in un ideale Olimpo di soli scrittori, o come la vivente e straordinaria canadese Ann-Marie MacDonald, ma mi basta anche non ricordare a qualcuno Liala, con rispetto parlando, perché significherebbe per me aver mancato completamente l'obiettivo.

Ho imparato a non vergognarmi di esprimere poeticamente i sentimenti, perché è così che li vivo e non saprei fare diversamente, non so arrendermi ad un sentire più prosaico, anche se da più parti mi arrivano “opportuni” suggerimenti in tal senso. Premure non richieste di chi si considera più pratico di me e mi giudica vanamente sognatrice.

Per inciso, il Pinocchio di Collodi è tutt'oggi uno dei libri più tradotti e letti nel mondo, insieme alla Bibbia, a quasi centotrenta anni dalla pubblicazione della prima puntata di quelle “Storie di un burattino”. Una storia semplice, di sentimenti non mediati e di piccole vicende, spesso fantastiche e surreali, che ha ispirato anche tanti film più o meno riusciti, fra questi “A.I. Intelligenza artificiale”, che amo in modo particolare.

Una storia, quella di Pinocchio, che arriva al cuore delle persone da più di cento anni, ed è al cuore delle persone che io voglio parlare con le mie storie.


Maria Prosdocimo

V anno,  2008
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