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EDITORIALE NU 18: A TREVISO C'É L'INFERNO


Riflessioni libere e bollenti sull'estate trevigiana

di Federico De Nardi

CaronteNella sera estiva è bello passeggiare per i viali alberati illuminati dalla luce delle lampade che proiettano sull'asfalto o sulla ghiaia, uno strato dorato. Lanciare l'occhio lungo la prospettiva deserta di questi giochi di luci notturne, il mare di tranquillità viene interrotto da qualche auto che passa solitaria, da qualche raro passante, da una bicicletta. Poi tutto ritorna silenzioso, incantato, il silenzio è primitivo. Entrare dentro il cerchio delle mura che racchiude il cuore della città come un guscio di noce, le vecchie case trevigiane sono come gherigli consumati dal tempo, sotto i portici affreschi resi fumosi dal tempo fanno capolino sopra le nostre teste. Sulle pareti delle case intraviste attraverso le finestre, riverbera la luce di candele scaccia-zanzare, di televisori accesi a tutto volume per coprire il suono cupo dei ventilatori; attraversiamo ponti sotto cui scorre l'acqua nera che attraversa la città come le dita di una mano, ma dove sono gli abitanti? Molti sono partiti, altri annichiliti dal caldo non si muovono da casa, tanti nelle osterie, nei ristoranti a lume di candela che d'estate si aprono e invadono portici e piazzette. Scendiamo lungo una strada con il selciato di sassi e attraversiamo la Pescheria sull'acqua. Ci perdiamo dentro vicoli ritorti, sbirciamo dentro finestre spalancate per placare il torrido e dopo aver attraversato tutto il centro antico e moderno, di case ricostruite dopo il bombardamento americano, alla fine arriviamo davanti Ca' da Noal, una delle case più vecchie di Treviso. Ci sono molti spettacoli gratuiti la sera estiva, in questa città preziosa, accogliente come poche. Ma noi chissà perchè, abbiamo seguito un cartello, affisso sulle colonne massicce dei portici, un cartello senza colori, con una scritta nera. Un cartello che con un freccia ci ha spinto fino a questa casa trevigiana. E' l'ultima sera delle 'Prospettive Eccentriche'. Una... chiamiamola esposizione artistica di creatività veneta fatta da giovani in varie forme, pittura, scultura, musica e spettacoli teatrali. Questa sera è l'ultimo giorno e noi entriamo. E' tardi, sono le 22.30, nell'anticamera ci salutano e ci dicono è "appena iniziato", entriamo nella corte della casa, dove è allestito un piccolo teatro, sedie nere sulla ghiaia e sopra un terrapieno che si spiana in un prato verde, che accoglie i nostri piedi bollenti con refrigerio. Un tetto di stelle, i muri sono quelli delle case che ci circondano. Ecco di nuovo un esempio del gheriglio di noce di cui accennavamo prima. C'e l'Inferno, dicevamo, a Treviso.
"Inferno 34", per l'esattezza. Sul palco illuminato a giorno c'è Angelo De Palma: una giacca da smoking e sotto una gonna lunga fino ai piedi scalzi un corpo magro e un viso interessante, occhi intensi e penetranti. Non indossa nient'altro. E' solo, davanti una platea fatta di sedie e di spettatori che vanno e vengono, vagando nella notte come anime annoiate e perse. E ci parla dell'Inferno. L'Inferno 34, Dante ne ha scritti 33 di canti. Il 34 è la rivisitazione, una riattualizzazione dell'opera dantesca più famosa, una libera interpretazione e fedele nello stesso tempo. E per cinquanta minuti, guardano un Angelo che ci racconta l'Inferno moderno e antico insieme. Rimaniamo senza respirare. Inframezzando rime dantesche, filastrocche, versi, ruggiti, canzoncine, suoni persi, quest'Angelo caduto, quasi sempre immobile, ci regala qualcosa di affascinante, emozionante, ci fa vibrare il cuore e la mente, sentiamo le urla dei Dannati, ci sembra ci sia Dante lì sul palco, sentiamo i vortici dei venti infernali, il suono delle acque che sbattono contro la barca di Ulisse e compagni. Assistiamo al pranzo del Conte Ugolino e questo Angelo caduto sulla Terra che recita con tutto il corpo, con la voce, con le mani, ci guarda con due occhi di cristallo dietro cui sembrano esserci delle fiamme, ci fa capire cos'è l'inferno di Dante e magari è quello che aspetta molti di noi. Più di cinquanta minuti senza accorgersi del tempo che passa. É una voce che fa apparire sul palco immagini, suoni, movimenti, sembra un quadro, un documentario, un film; a volte ci sembra di vedere passargli dietro di lui dei cani infernali, minotaureschi, diavoli alati e neri come la pece. Ha una voce che è una sferzata di energia, è la vita pura, lui non si muove ma la sua voce è uno spettacolo completo, una turba di personaggi. Sembra veramente esserci stato, all'Inferno.

Dovrebbero farlo vedere nelle scuole, l'Inferno 34. Se l'avessi visto ai tempi del liceo, avrei capito molti di più Dante. Diciamo insomma che stasera ho finalmente capito come dovrebbe essere letto e visto Dante oggi. Angelo De Palma sarebbe piaciuto a Bresson, quel regista francese che diceva, citiamo a memoria: "un vero attore deve essere nudo come il suo volto, non deve nascondere nulla, non deve aver paura, non deve più ricordare sè stesso".

Durante questo spettacolo ho creduto di rivedere quell'Antonin Artaud, quel Carmelo Bene, tutti geni dello spettacolo studiati sui libri e magari visti in qualche spezzone di film. Che siano all'Inferno anche loro? Che qualcosa si salvi ancora in questa vita di plastica e di bollette da pagare?

Battiamo le mani a Angelo De Palma e al Centro Giovani e alla Cooperativa "Insieme si può" e certo a Treviso che è una città così ospitale che può permettersi di accogliere anche l'Inferno...

 

di Federico De Nardi

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